lunedì 30 aprile 2007

Pedofili, che Dio vi maledica

Attenzione, si avvertono i signori lettori che questo post conterrà toni molto incazzati e violenti e non avrò pietà perché sono in Mr. Blonde mode e anche se mi supplicate di non farlo vi torturerò lo stesso.

Non potete non aver sentito anche voi come i miei amati giornali e soprattutto telecinegiornaliluce stanno trattando il caso degli abusi pedofili nell’asilo di Rignano Flaminio. Per questi orribili fatti, per i quali a stento si trovano le parole per descriverli, mai come prima si sta sprecando l’aggettivo presunto. I presunti abusi, i presunti colpevoli, i presunti orrori, le presunte vittime, sgorgano come un sol vomito dalle bocche e dalle penne dei presunti giornalisti.

E va bene, siamo un popolo coerente: se quattro ragazzi vengono investiti da un ubriaco e la televisione ci ricorda gentilmente che è un rom, invochiamo tutti in coro la ghigliottina e andiamo ad incendiare il campo dal quale proviene. Se invece dei figli di troia lo cacciano nel culo di bambini di quattro anni (diconsi quattro, o anime belle) per carità, diventiamo tutti garantisti. Forse perchè le loro facce sono troppo simili alle nostre.

In fondo in fondo, stanno cercando di convincerci, sono bambini di quattro anni quindi si sono inventati tutto. Magari dopo aver riletto per l’ennesima volta l’opera omnia del Divin Marchese. E il culetto rotto da dove viene? E i genitali tagliuzzati? Cos’è, un nuovo modello di pannolino con il cavallo di Frisia incorporato? Hanno quattro anni i bimbi, brutti bastardi, e pensate che si siano inventati la faccenda del sangue da bere? O delle poppe delle maestre da massaggiare con l’olio? Chi dovrebbe solo denunciare dei fatti orribili e aiutare i bambini a non essere più tormentati si sente invece di dover ragionare come il pedofilo, che se glielo chiedete vi dirà che lui, quello che fa, lo fa per il bene dei bambini. Perchè lui i bambini li ama.

Prima di lasciare questa valle di lacrime mi piacerebbe un giorno conoscere di persona quell’emerita testa di cazzo di pennivendolo che per primo (o prima) ha avuto l’idea di definire “giochi erotici” gli abusi sessuali su bambini, ripeto, di quattro anni, con il risultato che ora tutti i suoi colleghi pubblici declamatori di balle teletrasmesse li definiscono a quel modo.
Giochi erotici, capite, come se si trattasse di loro e dei loro compagni e compagne di merende e scopate. Come se si parlasse di adulti consenzienti annoiati da troppe posizioni del missionario di sabato sera, a letto al buio e con su i calzini. Giochi erotici come quelli che i loro amici pubblicitari ammiccano di continuo con le loro campagne del cazzo sui gelati, gli yogurt e gli aperitivi.

Meravigliosa, veramente commovente, la solidarietà che, ci raccontano, “Buona Domenica” ha riservato all’autore televisivo coinvolto. Quando si dice che il mondo è governato dalle “corporations” non ci si riferisce mica alla Microsoft o alla Monsanto, ma alle vecchie e care corporazioni medievali. Chi tocca un macellaio dovrà renderne conto a tutta la categoria. E qui ci sono in campo nientepopodimenoche i generatori di televisione, ovvero i netturbini dell’etere con le loro truppe aviotrasportate. Tutti a fare quadrato attorno al possibile mostro per partito preso e solidarietà di cadreghino. Neanche un piccolo e schifosissimo dubbio, piccolo piccolo. Garantismo a rutto libero, il collega è sicuramente innocente perché i bambini si sono inventati tutto, come dicono gli avvocati difensori.

Già, quelli. Ecco, io penso che non ci sia niente di peggio di un avvocato che difende un pedofilo. Uno che ha il coraggio di insinuare che il piccolo con il culetto rotto certificato dal medico si è inventato tutto, che è in atto una calunnia, che le maestre sono “under attack”, come direbbe Bush. La pedofilia è una cosa per la quale prima bisognerebbe tagliare la testa in questione e poi cercare di ragionarci.

Io non ho alcuna pietà perché so quanto l’avere la sfiga di incontrare un pedofilo ti possa rovinare la vita per anni. Perché sai che non verresti mai creduta ed è una cosa che fa impazzire. E poi perché dovresti parlare quando per principio i bambini sono bugiardi? E poi perché se quando finalmente lo racconti, dopo vent’anni, magari trovi una parente che ti dice “beh, in fondo non ti ha mica violentata”.
Non ho pietà e nessuno dovrebbe averne per quei figli di troia. Nemmeno Cristo l’ebbe. Fu una delle poche volte che si incazzò veramente e scagliò la sua divina maledizione. "Perché Dio è violento! E gli schiaffi di Dio appiccicano al muro tutti", come diceva Gaber.

Io non mi sento garantista di default per questi fatti, proprio per niente. Se risulteranno tutti innocenti mi cospargerò il capo di cenere, ma fintanto che ci sarà il più piccolo ed infinitesimale dubbio che uno qualunque dei bastardi abbia toccato, abusato e violato uno solo di quei bimbi io starò sempre e comunque dalla parte dei bimbi. Senza se e senza ma. Perché i bambini non si toccano, e che siate maledetti.

martedì 24 aprile 2007

La difficile memoria del Metz Yeghern, il genocidio degli armeni


Oggi è il giorno dedicato dalla memoria storica al Metz Yeghern, il “grande male”, il genocidio degli armeni, che iniziò proprio il 24 aprile 1915 con l’arresto in massa e la deportazione dei membri dell’intellighenzia armena residente in Turchia da parte del governo ultranazionalista dei Giovani Turchi che governava allora il paese della mezzaluna. Un massacro che, attraverso deportazioni, marce della morte e assassinio sistematico, provocherà la morte di almeno 1.500.000 persone.

Eppure, nonostante l’entità del massacro, solo di recente, dopo le vibrate proteste della più numerosa comunità della diaspora armena, quella francese, i vari musei dell’olocausto hanno cominciato a ricordare la tragedia di questo popolo, da sempre oggetto di colpevole dimenticanza ai limiti della rimozione.

Immaginate un mondo in cui la Germania non ha mai ammesso la responsabilità nazista nella Shoah e il negazionismo è non solo permesso ma incoraggiato da una legge dello Stato. Inammissibile, vero? Eppure è ciò che ancora oggi accade in Turchia riguardo al genocidio degli armeni. Esiste una legge turca che vieta il riconoscimento del genocidio e in pratica rende obbligatorio il negazionismo.
Il giornalista di origine armena Hrant Dink, assassinato il 19 gennaio scorso da alcuni nazionalisti, si batteva proprio per il riconoscimento del genocidio ed aveva subito diversi processi per aver infranto la suddetta legge.
E’ evidente che se la Turchia vorrà considerarsi pienamente europea dovrà ammettere la sua responsabilità in quello che fu il primo genocidio pianificato e scientificamente perpetrato durante una guerra del secolo scorso e il cui misconoscimento fece dire a Hitler “Chi si ricorda del genocidio degli armeni?”, insinuando che se nessuno ne avesse parlato anche il genocidio degli ebrei che stava per cominciare sarebbe stato presto dimenticato.
Paradossalmente, sarà proprio un tedesco a documentare e denunciare gli orrori sia del Metz Yeghern che della Shoah.

Sullo sfondo della prima guerra mondiale e del concomitante genocidio armeno, si muove infatti la figura straordinaria di Armin T. Wegner (nella foto), soldato, scrittore, e in seguito feroce oppositore della dittatura nazista e strenuo difensore dei diritti civili dei perseguitati.
Nato a Elberfeld nel 1886, si arruolò come infermiere volontario in Polonia. Come attendente del Maresciallo von der Goltz ebbe modo di viaggiare lungo le linee ferroviarie in Mesopotamia, dove fu testimone oculare del genocidio degli armeni.
La Germania era a quei tempi alleata della Turchia. Disobbedendo gli ordini che vietavano di parlare dei massacri compiuti dall’alleato, Armin raccolse informazioni, documenti, lettere dei deportati e soprattutto documentò fotograficamente l’orrore delle marce forzate, delle morti per inedia, per malattia e la ferocia torturatrice degli aguzzini su uomini, donne, vecchi e bambini.
Arrestato su richiesta del comando turco fu rispedito in Germania. Nonostante le fotografie gli fossero state confiscate e distrutte, riuscì a salvare alcuni negativi nascondendoli in una cintura.

Nel 1919 Wegner scrisse una lettera aperta al presidente americano Wilson per denunciare il genocidio armeno e chiedere la creazione di uno stato indipendente per questo popolo.
Dopo aver raggiunto la popolarità come scrittore di successo e co-fondatore del movimento espressionista tedesco, Wegner si trovò a dover lottare ancora una volta per i diritti civili di una minoranza perseguitata, questa volta gli ebrei in Germania. Arrestato dalla Gestapo nel 1933 fu incarcerato in sette campi di concentramento e prigioni, prima di riuscire a fuggire in Italia.
Nel dopoguerra, nel 1956, il governo tedesco gli conferì un’alta onorificenza per i suoi meriti umanitari. Fu nominato tra i Giusti dallo Yad Vashem in Israele e ricevette tutti i massimi onori dalle autorità della Repubblica Armena.
Morì a Roma a 92 anni, dopo una vita dedicata alla difesa della verità e della giustizia, contro i soprusi delle dittature.

Il libro più noto sul Metz Yeghern è “I 40 giorni del Mussa Dagh” dello scrittore austriaco Franz Werfel.
Sul genocidio armeno non esiste una filmografia paragonabile a quella sulla Shoah. Oltre all’ultima opera dei fratelli Taviani, “La masseria delle allodole”, personalmente conosco solo altri due film che affrontano indirettamente l’argomento: “Ararat” di Atom Egoyan e “Mayrig” di Henri Verneuil, una saga familiare sullo sfondo della diaspora armena a Marsiglia.

P.S. Fino a ieri c'era su YouTube un interessante filmato con la testimonianza diretta di Armin Wegner ma oggi non c'è più. Peccato.

lunedì 23 aprile 2007

Il riposo della papera guerriera

Per qualche giorno il mio orizzonte degli eventi sarà questo: pascoli, muccone, sole (spero), natura, tranquillità e qualche buon pranzetto con specialità locali.
Dopo mesi di indefesso lavoro da domani mi prendo un pò di meritato riposo in montagna. Una vacanza anche dello spirito, alla ricerca di quella serenità che ultimamente cerco disperatamente nelle cose che rendono comunque bella la vita.

Non abbandonate questo blog, per favore, fategli un pò di compagnia se no non mangia. Commentate, anche solo con un saluto perchè ci tiene molto ed è permaloso. Non voglio tornare e trovarlo con il muso lungo perchè ha avuto solo cinque commenti in cinque giorni.

Vi lascio tutti i post che non avete ancora letto e uno nuovo su una ricorrenza alla quale tengo molto.
Buona settimana, Buon 25 Aprile di Liberazione e a risentirci presto.

P.S. E' tornato. Qualcuno per favore gli suggerisca un argomento nuovo, perchè ormai la Maria Maddalena che prende il low-cost e atterra a Parigi con i pargoletti non se la beve più nessuno.

domenica 22 aprile 2007

Con quali parole iniziano i 5 libri della tua vita?

Questo si può considerare un post e 1/2.
Sono stata nominata da WebLogin e Ed per proseguire l’ultimo gioco in voga tra i blogger sugli incipit dei libri della vita.
Questi li ho scelti di getto pescando nella mia biblioteca, e posso dire di averli amati molto, in vari momenti della mia vita.

Libro 1. “Ecco fatto. Ho voluto ricopiare qui in questo mio giornalino il foglietto del calendario d'oggi, che segna l'entrata delle truppe italiane in Roma e che è anche il giorno che son nato io, come ci ho scritto sotto, perché gli amici che vengono in casa si ricordino di farmi il regalo”.
Vamba “Il giornalino di Gian Burrasca”. Il libro della mia infanzia, senza dubbio, il diario del piccolo anarchico in lotta contro la sua borghesuccia famiglia che mi ha insegnato la ribellione. E’ un mistero come un libro tanto sovversivo fosse dato liberamente in mano a noi bambini. Nel mio caso ha sostituito il Libretto Rosso di Mao.

Libro 2. “Per molti anni continuai a sostenere ch'ero capace di ricordare cose viste all'epoca della mia nascita. Da principio, ogni volta che lo dicevo, i grandi si mettevano a ridere, ma poi, sospettando la velleità di raggirarli, guardavano con astio la faccia pallida di quel fanciullino senza fanciullezza. Di quando in quando mi capitava di dirlo in presenza di visitatori che non erano intimi amici di famiglia; allora la mia nonna, per paura che mi giudicassero un idiota, mi dava seccamente sulla voce ordinandomi di andar a giocare altrove”.
Yukio Mishima “Confessioni di una maschera”. Un amore folle dei miei vent’anni. Ho letto tutto di questo autore ma questo è il mio preferito. Un romanzo di formazione, come si dice, che più che una confessione è un’autopsia dei sentimenti.

Libro 3. “Jem, mio fratello, aveva quasi tredici anni all'epoca in cui si ruppe malamente il gomito sinistro. Quando guarì e gli passarono i timori di dover smettere di giocare a palla ovale, Jem non ci pensò quasi più. Il braccio sinistro gli era rimasto un po' più corto del destro; in piedi o camminando, il dorso della sinistra faceva un angolo retto con il corpo, e il pollice stava parallelo alla coscia, ma a Jem non importava un bel nulla : gli bastava poter continuare a giocare, poter passare o prendere il pallone al volo”.
Lee Harper “Il buio oltre la siepe”. La grande letteratura americana. Prima vidi il film, con Gregory Peck nella parte dell’avvocato dal volto umano e del padre che tutti noi avremmo voluto avere, poi lessi il libro, che mi piacque altrettanto. Si parla di ingiustizia, razzismo, tolleranza, educazione e malattia mentale. Una botta di Veltronismo forse, ma di forte denuncia sociale.

Libro 4. «Quando la sgozzapolli era vostra madre, creaturine dei miei sogni» diceva papa «il momento in cui avrebbe mozzato quelle stupide capocce si mutava nel più cristallino dei misteri, al punto che erano le galline stesse a spasimare di passione per lei e a danzarle attorno, ipnotizzate dal desiderio. "Schiudi le labbra, dolce Lil!" chiocciavano "mostraci le tagliole!"»
E quella medesima Crystal Lil, la nostra mammina dalla chioma di stella, sprofondata nel divanetto a parete che la notte faceva da letto ad Arty, ridacchiava al lavoro di cucito che teneva in grembo, e scuoteva il capo. «Raccontala giusta ai ragazzi, Al. Quelle galline filavano come saette.»
Katherine Dunn “Cuori sgozzati”. Quando un libro ti sorprende per la sua originalità. Una grande storia ambientata nel mondo dei “freaks” del circo. Non per stomaci delicati. P.S. Non è la Catherine Dunne di Veronica Lario, questa in confronto sembra la sorella di Tarantino.

Libro 5. “Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell'epoca non povera di geniali e scellerate figure. Qui sarà raccontata la sua storia. Si chiamava Jean-Baptiste Grenouille, e se il suo nome, contrariamente al nome di altri mostri geniali quali de Sade, Saint-Just, Fouché, Bonaparte ecc, oggi è caduto nell'oblio, non è certo perché Grenouille stesse indietro a questi più noti figli delle tenebre per spavalderia, disprezzo degli altri, immoralità, empietà insomma, bensì perché il suo genio e unica ambizione rimase in un territorio che nella storia non lascia traccia: nel fugace regno degli odori”.
Patrick Süskind “Il Profumo”. L’ultimo romanzo che ho letto (perché io ormai riesco a leggere solo saggistica, per i romanzi sono riuscita a smettere). Mi è piaciuto molto per la parte descrittiva del mondo settecentesco dominato dagli odori, meglio, dalla puzza. Mi ha convinto molto meno come ritratto di “serial killer” ante-litteram. Non ho visto il film.

Adesso devo passare la palla, e scelgo volentieri: Cloroalclero, A.I.U.T.O., Bhikkhu, Galatea e TagliaQuarantaDue. Non siete obbligati a partecipare, ma se non lo fate ci rimarremo mooolto, ma moooolto male. ;-)

Ed ora il 1/2 post.
La foto della paperetta freak nata con quattro zampe è molto curiosa e gira in rete da diversi giorni. Che sia un caso di Merocryptodidymus Gastromeles: mostruosità fetale doppia in cui il feto parassita è solo in parte incluso nel corpo dell'autosita, individuo che vive di vita autonoma e provvede al nutrimento del feto parassita?
Una papera e mezza, insomma. Alla faccia dell’anatra zoppa! Non sarete mica impressionabili, eh?


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sabato 21 aprile 2007

'O PD nun me piace

Che vi devo dire, mi sento come Tommasino di fronte a “ ’o presebbio ” in casa Cupiello. Hai voglia a convincermi che Partito Democratico suona bene, è moderno, fico, al passo con i tempi. “Nun me piace!”
Sarà che non mi sento niente in comune con la Binetti, con Cicciobello Rutelli, con Parisi (mioddio!), perché sono allergica alle margherite, all’incenso e all’odor di inciucio. Non mi convince il duo D’Alema-Fassino. Non so ma non starei mai in una stanza con loro dietro le spalle.
Prodi come male minore un po’ di male comunque lo fa. E più passano i mesi più passa l’effetto dell’anestesia. Mi faccia la legge sulla RAI e sul conflitto di interessi, ci riporti nel primo mondo e poi eventualmente ne riparliamo.

Su Veltroni, beh, mi piace la bontà ma non il buonismo. Non ho problemi di glicemia ma quando parla Walter si rischia il coma diabetico. Ancora Gandhi, Martin Luther King? E che palle! Si potrebbe continuare a fare politica fuori dall'obitorio? Manca John Kennedy e completiamo il reparto “morti per le loro idee”. Cos’è un buon auspicio? Aspetta che mi gratto ciò che non ho.

I continui riferimenti di questi “pidini” a Tony Blair mi fanno vomitare. Non è di sinistra (la sinistra che intendo io) eppure tutti dicono “voglio essere di sinistra come Tony Blair”. Che sarebbe un pò come dire voglio essere virtuosa come Paris Hilton.
Piuttosto imitate Zapatero che i coglioni di fare qualche legge laica e una grande legge sulla comunicazione (che Dio lo benedica) li ha avuti!

No, ‘o PD nun me piace, e sono triste. Perché non si uccidono così anche i partiti. Perché non avranno il mio voto, finchè PD vorrà dire Rutelli e Binetti, cilici perfetti e l’omino bialetti con la barca che fa la faccia truce con la Condy ma non troppo.
Perché voglio ancora sperare che si possa governare senza dover fare i democratici con il culo degli altri, cioè dei Cipputi e dei loro nipoti, i precari.
Perché se ‘sta roba piace a Berlusconi, qui qualcosa mi puzza. Perché la massima tonalità di rosso che possiamo permetterci oggi è il rosa baby e io odio il rosa. Perché la parola moderato mi fa pensare a qualcosa di moscio, perché tanto il coltello dalla parte del manico ce l’hanno i poteri forti. Perché almeno l’ulivo era una pianta più simpatica. Insomma, nun me piace.

Comunque oggi ringrazio Iddio di non essere francese, perché al pensiero di avere Sarkozy come presidente quasi quasi mi verrebbe da rimangiarmi tutto e iscrivermi al PD.

venerdì 20 aprile 2007

E forza aliene

Revocato lo sciopero di Repubblica. Non potevano perdersi questa foto, che ha già fatto il giro del mondo, rubata durante una sosta ad uno SpazioGrill del lungo viaggio di Silvio Berlusconi verso il Pianeta della Libertà.
Mentre lo staff del Cavaliere denuncia la violazione della privacy, la signora Veronica ha commentato, scuotendo mestamente il capo: "Pure le aliene, adesso."

Nel servizio esclusivo che sarà pubblicato dal settimanale "Domani" in edicola sabato, una delle giovani aliene ritratte con l'ex presidente del consiglio però rivela:
"E' stato Berlusconi a chiederci di posare con lui. "Anzi", continua la procace "grigia", "ha proprio insistito, non mi rovinate, diceva".

Raggiunto dai giornalisti, Fabrizio Corona ha detto: "Non guardate me, non sono stato io, sto a San Vittore."

***
Avete ascoltato: cosa non si fa per cercare di non pensare a ciò che è accaduto oggi... Chiamiamolo cazzeggio terapeutico.

giovedì 19 aprile 2007

Sette giorni senza quotidiano e non sentirli

Il CdR di Repubblica ha proclamato uno sciopero di 7-giorni-7 e qui trovate le motivazioni dell’agitazione.
Ormai siamo abituati agli scioperi fiume nella carta stampata, anche se questo è da record. Penso solo cosa succederebbe se qualunque altra categoria osasse incrociare le braccia per così tanto tempo. I ragazzini ci metterebbero subito la firma e si giocherebbero volentieri il cellulare per sette giorni di sciopero della scuola ma immaginiamoci noi adulti sette giorni senza benzina, o senza pane, o tabacchi.

Verrebbe da chiedersi: ma è un grave disagio anche quando scioperano i giornali? A parte il fastidio di vedere sempre la stessa homepage sul sito del quotidiano online, non mi pare.
L’unica cosa spiacevole, qualora scioperassero tutti i giornali e i telegiornali assieme per sette giorni, sarebbe la perdita della copertura di notizie importanti. Pensate se, proprio in quei sette giorni, accadessero fatti di enorme importanza storica.

Lunedì - Con decisione unilaterale, il primo ministro Olmert ha annunciato che Israele si ritirerà da tutti i territori occupati, con decorrenza immediata, e che sono già stati presi accordi con la controparte per la immediata creazione di uno stato palestinese.
Da Mosca giunge la clamorosa notizia del blitz e del rapimento di Vladimir Putin da parte di guerriglieri ceceni. Non è stato ancora chiesto alcun riscatto. La capitale russa in stato d’assedio.

Martedì - Ad un commissariato di New York si è presentato un uomo alto, emaciato, dall’apparenza mediorientale, che ha chiesto di costituirsi. Poco dopo, nello stupore generale, l’individuo è stato identificato come Osama Bin Laden, di nazionalità saudita.
Mike Buongiorno confessa in tv da Vespa: ero una spia della CIA fin dal dopoguerra. Passavo le risposte del Rischiatutto a Giuliano Ferrara.

Mercoledì - Il presidente della neo-repubblica di Palestina si è insediato ed ha immediatamente chiesto un colloquio con la controparte israeliana per la firma di un trattato di pace.
Giunta la richiesta per il riscatto del rapimento Putin. I ceceni accettano uno scambio tra il presidente russo e Silvio Berlusconi. Bonaiuti dichiara: non se ne parla nemmeno. Emilio Fede si offre al posto di Berlusconi.

Giovedì - Annamaria Franzoni ha confessato di aver ucciso Samuele in un momento di follia. “E’ vero, sono stata io, non posso più andare avanti con questa commedia”. Bruno Vespa, in una conferenza stampa annuncia la chiusura immediata di “Porta a Porta” per carenza di argomenti e il suo ritiro nell’Eremo di Camaldoli. Silvio Berlusconi da alcune ore è irreperibile. Preoccupazione in casa Bondi.

Venerdì - Nella città-stato di Gerusalemme, alla presenza dei capi di stato di tutto il mondo e di Sua Santità Benedetto XVI, storica firma del trattato di pace tra Israele e la repubblica di Palestina.
Annunciata la prossima liberazione di Vladimir Putin.

Sabato - Colpo di stato a Washington, arrestato il presidente americano Bush e rinchiuso in un carcere di massima sicurezza. Una giunta militare ha preso il potere ed ha annunciato l’immediato ritiro di tutte le truppe americane dai teatri di guerra mondiali. In serata il generale Rogers, presidente ad interim degli Stati Uniti, leggerà alla nazione un documento che prova inconfutabilmente le responsabilità del governo Bush nell’ideazione dell’attentato dell’11 settembre. Stupore ed incredulità in tutto il paese.

Domenica - Un enorme disco volante si è posato fin dalle prime luci dell’alba su piazza S. Pietro. Immediatamente allertati sia la protezione civile, sia le forze armate e la NATO. Una squadriglia di F16 sorvola la città eterna.
Verso le 8 del mattino, dall’astronave sono scesi alcuni ominidi che, in perfetto italiano, hanno rivolto un monito all’umanità affinché cessino le guerre.
Gli extraterresti poi hanno chiesto di poter consegnare personalmente un messaggio importante per il presidente del consiglio Prodi. Accompagnato dal sindaco di Roma Veltroni e dal ministro degli esteri D’Alema, Prodi ha incontrato gli alieni.
Pare che il messaggio consegnato dagli extraterrestri contenesse solo alcune laconiche parole: “E il conflitto di interessi?”
Liberato Putin, già in viaggio per Roma, dove incontrerà la delegazione aliena. Il capo degli extraterresti visto nei pressi di Palazzo Grazioli. A mezzanotte meno un minuto, con un comunicato letto da Chicchitto, il presidente Berlusconi annuncia la sua partenza per il pianeta HJT67, già ribattezzato “Il pianeta della Libertà”. “Ho bisogno di cambiare, di staccare dalla politica, di ritornare ad essere ciò che sono, un grande imprenditore. E in quel pianeta c’è un mucchio di figa, pardon, di possibilità di sviluppo. Anche l’amico Vladimir viene con me, è entusiasta. Stiamo convincendo quei generali sovversivi americani a lasciare che George venga con noi.

Sono le prime luci dell’alba a Roma e nel resto del mondo, in questo lunedì. Gli alieni sono ripartiti con la delegazione di ospiti terrestri: Vladimir, Silvio e George. Per tutta la notte sono proseguiti i caroselli di auto strombazzanti e la gente non accenna ancora a cessare i festeggiamenti e le libagioni. Ci volevano gli alieni per risolvere il conflitto di interessi.
E’ un nuovo giorno per l’umanità.

P.S. Ovviamente si fa per scherzare. Nemmeno gli alieni riuscirebbero a convincere Prodi a fare la legge per il conflitto di interessi.
Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti non è affatto casuale.

lunedì 16 aprile 2007

Divide et impera in salsa orientale - L'urlo di Chen terrorizza anche Milano

In attesa del verde sono ferma al semaforo, in bici. Accanto a me due zdaure (donne anziane) commentano i fatti di Milano:
“Ma li hai visti quei cinesi? Hai visto che facce avevano?” (Non vi sto a dire le facce che avevano loro, n.d.a.). Le avevano viste in tv, anzi nemmeno, gliele avevano raccontate i lettori di fuffa dal fosco cipiglio, la fronte aggrottata e il tono allarmato delle grandi occasioni.

E’ incredibile il potere di suggestione della televisione. Il giorno prima ti erano simpatici, ti sembravano tranquilli e laboriosi, molto discreti, manco li notavi e ti facevano comodo perché da loro la roba costa niente e oggi diventano improvvisamente una minaccia ancora peggiore dei terroristi islamici.
L’urlo di Chen terrorizza anche Milano, la Cina è vicina, il pericolo giallo, sembra un revival anni settanta e invece tutto ciò è al passo con il nuovo millennio, vedremo alla fine perchè.

C’è una via a Milano che è stata venduta, dai milanesi suppongo, alla comunità cinese la quale, negli immobili affittati ed acquistati a peso d’oro, ha aperto negozi e imprese di vario tipo.
La cosa buffa è che molti dei cino-milanesi “di cientopecciento” intervistati in questi giorni sono in Italia da tanti anni e parlano addirittura con il “se ghé?” del ghisa di Totò e Peppino.

Da cosa è nata la rivolta dei giorni scorsi? Dal fatto che i vigili farebbero troppe multe, infliggendole soprattutto ai cinesi, per qualsiasi futile motivo. I pochi meneghini rimasti nel quartiere ci raccontano che è un continuo caricare e scaricare di carretti colmi di mercanzia e che i cinesi “stanno tutti per conto loro”. O bella, è la prima volta che sento un italiano lamentarsi perché gli stranieri non lo cagano.
Insomma, tra ghisa, forze dell’ordine miste e cinesi sono volate manganellate, schiaffi, sputi e improperi e tutto per colpa di una Masaniella con gli occhi a mandorla che ha infiammato il tumulto.
L’Italia lascia il segno”, fa dire Rutelli al suo slogan cazzuto con il cetriolone verde, ed è vero. Il segno blu-violaceo delle ecchimosi ormai marchia affettuosamente teste e arti degli stranieri che osano interagire vivacemente con noi italiani. Spaghetti e manganello.
Questa volta però anche i cinesi hanno menato, e le cinque dita di violenza hanno colpito diversi agenti.

Il pericolo giallo dunque. L’invasione cinese. Le triadi. I cinesi che non muoiono perché nessun necroforo ne ha mai visti e che forse finiscono negli involtini primavera o rispediti in Cina nei containers che tornano in patri svuotati dalle mercanzie.
Forse ci fanno paura perché dopo tutto sono ancora comunisti? L’Oriente è ancora rosso? No, in realtà li temiamo perché sono troppo capitalisti. Più di noi.

Avete presente quelli che si convertono ad un’altra religione e diventano i più fanatici ed osservanti?
I cinesi hanno fatto un corso accelerato di capitalismo e hanno letto, alla pagina 1, che la concorrenza è l’anima del sistema e che chi fa i prezzi migliori vince la sfida del mercato. Qualche pagina più avanti hanno letto che la libertà di impresa non deve essere ostacolata in alcun modo e che chi non sta al passo con il mercato soccomberà naturalmente.

Pronti, la camicia da loro costa cinque eulo perchè si accontentano di un ricarico modesto, forse hanno perfino sentito parlare di “etica protestante del capitalismo” in qualche corso serale.
Dal negoziante italiano a fianco, che l’ha acquistata dallo stesso grossista cinese, la camicia ne costa trenta, di euro. Qui vige il principio che il ricarico è una curva che si approssima all’infinito.
Il negoziante italiano si incazza e urla che il cinese gli fa concorrenza sleale, perché il cliente italiano guarda, soppesa, si accorge che quella è la stessa identica camicia e la compra dal cinese, magari bofonchiando che “gli italiani sono i soliti ladri”.
Per i cinesi il principio della concorrenza è ancora fondamentale, per noi è un dettaglio. Infatti da noi i prezzi non diminuiscono nonostante la varietà degli operatori sul mercato perché i medesimi fanno il cartello e si mettono d’accordo nel mantenere i prezzi alti. Questo è il capitalismo applicato rispetto al capitalismo teorico. I cinesi ci devono ancora arrivare. Forse nelle materie del prossimo anno.

Se noi in fondo siamo un po’ ipocriti a lamentarci della concorrenza cinese allora vuol dire che non esiste in generale un problema di immigrazione e integrazione degli stranieri? No, esiste e andrebbe affrontato, scoprendo per esempio chi muove veramente i fili dei burattini ed organizza i vari flussi migratori anche, diciamolo, a scopo destabilizzante. Le tensioni tra immigrati e indigeni sono sempre funzionali al principio del divide et impera.
Anche un certo livello di caos è indispensabile a non indignarsi per come più si parla del furore dalla Cina che colpisce ancora e meno si parla di Mafia e Sistema e dei loro loschi traffici, sempre più vasti.
Ma già, quelle sono cose con le quali bisogna convivere.

Totòday After

Totò finisce nella fuffa del TG1 tra un servizio sugli avvistamenti UFO (dopo un silenzio quasi decennale sull'argomento) e un altro su una simpatica manifestazione sciistico-demenziale in Valtellina.
Nell'omaggio-sveltina dedicato al genio italiano della comicità, tralasciando che il presidente Napolitano non si ricordava una, dico una, battuta di Totò e ha dovuto ricorrere al suggeritore, ne ho sentita un'altra veramente bella.
Io stavo lavando i piatti in cucina e pensavo di aver frainteso, ma ora che ho riascoltato la registrazione ne ho avuto la conferma.
Il servizio dell'apposito Mollica è iniziato con: "Quindici anni fa come oggi moriva Totò". Per conferma andate a questo link al tg1 di ieri sera, quasi fino in fondo e sentirete con le vostre orecchie. Domanda: ma che vuol dire?

Vi segnalo, per rifarvi la bocca, l'iniziativa del Totòday blog, curata dall'instancabile Cima.
Ringrazio tutti i bloggers che hanno partecipato a questo omaggio collettivo a Totò, meno male che ci siamo noi.

domenica 15 aprile 2007

Totòday - Quarant'anni senza il grande cuore di Totò

Dopo aver partorito, assieme all’amico Cima - non pensate male, però - l’idea di questo Totòday, per celebrare i quarant’anni dalla morte del più grande di tutti, mi sono resa conto di quanto sia difficile scrivere qualcosa su Totò e la sua arte.
Io mi ritrovo ammutolita. Totò la maschera, il principe, il più grande comico, la marionetta. Tutte cose già dette e poi come si fa a trovare ancora qualcuno al mondo al quale si debba spiegare chi era e che cosa ha rappresentato Totò?
Secondo me, se è vera la storia che le onde radiotelevisive viaggiano nello spazio per essere captate a piacere, pure gli alieni si divertono con lui e magari tra loro usano dire: “Siamo marziani, o caporali?”

Voglio dire due cose allora sul cuore di Totò uomo.
Lui che diceva: “solo chi ha patito la fame può far ridere veramente” era famoso anche per la sua generosità. Una volta Franco Franchi raccontò in un’intervista di quando lui e altri colleghi attori alle prime armi e senza il becco di un quattrino si arrangiavano a cenare nella latteria presso il teatro. Da un certo giorno in poi lo poterono fare gratis, perché Totò aveva mandato il suo maggiordomo a dar ordine che da quel momento fosse messo tutto sul conto del principe.
Amava moltissimo gli animali, si dice abbia lasciato una somma enorme, milioni dell’epoca, al canile di Roma.

Ho conosciuto un vecchio falegname faentino che fu mandato dalla sua ditta, famosa a quei tempi, a restaurare dei mobili in una villa appartenente a Totò. Un giorno, lavorando al cassetto di un comò, trovò un fascio di banconote, una cifra ragguardevole. Quando Totò fece ritorno a casa alla sera, andò da lui e gli porse il denaro, un pò imbarazzato. Totò lo guardò e gli disse: “Non ti preoccupare. L’ho lasciato lì perché io ho naso, conosco con chi ho a che fare e sapevo che di te mi potevo fidare”. Inutile dire che le mance alla fine dei lavori furono generosissime per tutti.

Questa generosità è ripagata del grande amore che Totò riceve da decenni dal suo pubblico. Anche se sono quarant’anni che viviamo senza di lui, lui è lì che ci osserva e ride, anzi si scompiscia, pensando a quando i critici consideravano lui e i suoi film delle porcherie, volgari e di bassa lega.
Ma mi facciano il piacere, mi facciano. A prescindere.

Continuano l'omaggio:
A.I.U.T.O., Virginia, Alex321, Dalianera, Lazzaroblu, Pensatoio, Napoli Bloggers, Agoradicloro, Lupo sordo, Munchhausen, Alduccio, Vulvia, Pibua, Pasquale Orlando, Antonio64j, L’Eco di Dionisio, Sogniebisogni, vi_di, PensierofiliArts, MenteCritica, ed altri ancora.

giovedì 12 aprile 2007

Televisione, oppio dei consumatori

L'altra sera leggevo miriam161 che parlava della curiosità morbosa di certi telespettatori per le trasmissioni che rievocano brutali fatti di cronaca, quelli che gli americani chiamano “true crime”.

Poco prima avevo assistito al tg1 al video interruptus dell’esecuzione talebana dell’autista di Mastrogiacomo.
Il direttore, dopo aver ripetuto per almeno cinque-sei volte che si sarebbe trattato di un filmato rigorosamente destinato ad un pubblico adulto, con il risultato di far salire curiosità, aspettativa e adrenalina a qualche milione dei telespettatori di cui sopra, lo ha mandato in onda interrompendolo poi al momento dell’esecuzione vera e propria.
E meno male, ha fatto bene, non si trasmette la morte in diretta, anche per Saddam c’è stato il fermo-immagine poco prima che si aprisse la botola.

Ma allora mi chiedo: se sai già che non lo farai vedere per intero, perché crei l’aspettativa, perché vellichi in tal maniera i nostri peggiori istinti sadici e la nostra morbosa curiosità per poi lasciarci tutti con le mutande calate?
Cosa avranno fatto i più intraprendenti di quei telespettatori, i più assetati di sangue? Saranno andati su Internet a cercare il filmato in versione integrale, come per Saddam e Berg. Cosa che non avrebbero fatto in tal numero se Riotta e compari non gli avessero messo la pulce e anche la poiana nell’orecchio. Non lo sanno poi i tutori dell’informazione che in questi casi lasciare tutto all’immaginazione crea mostri peggiori delle immagini reali perché si va a pescare a strascico nell’inconscio?

Perché allora lo hanno fatto? Oltre allo scopo propagandistico che necessiterebbe di una discussione a parte, forse perché lo scopo della televisione sta diventando proprio questo: fornire piccole dosi di eccitazione, insufficiente per ottenere piena soddisfazione ma abbastanza per creare dipendenza. Sono gli oggetti che correrai frustrato a comperare per sublimare il desiderio inappagato, che potranno darti l’orgasmo consumistico.

Siccome per la Grande Sorella siamo dei bambini immaturi e difatti la televisione è tutta un’unica fascia protetta, la sessualità genitale, la forma adulta di sessualità, appagante e risolutiva, è vietata.
Nella pornografia generale del cattivo gusto e dell’orrido, l’unica cosa che la televisione generalista e gratuita ti nega è l’hardcore, i peni e le vagine. Il massimo del sesso adulto e consenziente che ti concede è quello adolescenziale degli sbaciucchiamenti oppure l’oscena allusione delle fellatio praticate sui gelati. Se resti insoddisfatto dall’ipocrisia del softcore potrai poi sfogarti con la pornografia vera e a pagamento sul canale vietato ai minori, cioè ai poveri.

Niente genitali ma a questo punto la trovata è puntare sulle perversioni che di solito non praticheresti nella realtà, ma che la televisione ti permette di sublimare come telespettatore.
La scopofilia (guardare) è l’essenza stessa della televisione. Richiede soggetti passivi che osservino e contemplino. Così come il feticismo. Il culto per gli oggetti inanimati ti viene fatto ingurgitare continuamente con la pubblicità.
Il sadismo viene sollecitato dai telegiornali che parlano di assassinii, stupri, violenze, guerre, stragi, genocidi. I reality show spingono il livello di sadismo sempre più verso l’umiliazione delle vittime, che rappresentano a loro volta i modelli con i quali si possono identificare i masochisti. Sono sempre più convinta che il profeta Pasolini con “Salò” abbia preconizzato i reality show più estremi.
La pedofilia è suggerita dai tanti bambini passivi, consumanti e sottilmente seducenti che reclamizzano sottilette e carte igieniche, alla faccia delle buone intenzioni che volevano limitarne l’utilizzo in pubblicità solo per i pannolini. Water, puzzette, yogurt che ti fanno “andare” ci ricordano l’esistenza del tratto finale intestinale. Non mancano le suggestioni omosex e transex, e perfino, ma qui forse mi sto facendo prendere la mano, la bestialità di Victoria e il Gorilla.

La perversione più oscura, la necrofilia, è rappresentata da dozzine di telefilm su obitori, medici legali, autopsie, scene del crimine e inchieste sui serial killers. La puntata di maggior successo di CSI, diretta da Tarantino, riguardava un agente sepolto vivo da un maniaco assassino. Abbiamo avuto i funerali in diretta per ore di Lady Diana prima e poi del Papa, con il gran necroforo Vespa a fare gli onori di casa e con interessanti dibattiti sulle tecniche di tanatoprassi e su come fosse venuta bene l'imbalsamazione.

La morte è in fin dei conti il punto di arrivo in questo tipo di televisione e la più efficace arma di angoscia di massa.
Visto che Eros è bandito, Thanatos ha campo libero. Non si ha idea della curiosità che la gente ha nei confronti della morte, e di come sia forte il desiderio ambivalente di allontanarne lo spettro angosciante e di indagarne il mistero. Ecco perché abbiamo seguito dozzine di puntate di talk-show sulla tragedia di un bambino assassinato (cosa c’è di peggio?), e siamo rimasti ipnotizzati dalle immagini ripetute all’infinito degli aerei che bucavano le torri gemelle polverizzandole con i loro tremila morti, la grande cremazione collettiva.

Siccome dobbiamo essere sufficientemente angosciati per rimanere sottomessi, lo spettro della morte, l’angoscia e l’eccitazione insoddisfatta ci spingono verso la grande panacea consumistica che celebra la nostra passività politica. Compera e sarai salvato.
Del resto cosa disse Bush proprio dopo l’11 settembre agli americani? Di continuare a partecipare all’economia americana. In dollaroni: “Ora potete tornare a fare shopping.” La pace è finita, andate in guerra.

martedì 10 aprile 2007

Se ricominciassimo a prenderli a ceffoni?

Lo so, è brutto rievocare i tempi in cui i maestri menavano con il righello o ti facevano inginocchiare sui ceci o, alla meno peggio, ti mandavano dietro la lavagna (io ci sono stata qualche volta).
Gli psicologi di solito in questi casi gridano che i bambini e i ragazzini non si toccano nemmeno con un fiore. Con un fiore no, ma penso che qualche bello schiaffone a tarantella ogni tanto possa fare solo bene.
Altrimenti a menarti saranno sempre di più loro. Noi adulti dovremo imparare a difencerci e non so se il Jeet Kune Do di Bruce Lee sarà sufficiente.

Lo so, ci sono tanti bravi ragazzini che sono adorabili e che crescono normali, se riescono a sopravvivere ai loro compagni.
Ci credo, come posso credere all’esistenza della vita su altri pianeti, ma quando i ragazzini sono stronzi, cattivi, violenti e senza pietà, cosa dovremmo fare? Scusarli o non saper che cazzo dire, come quella psicologa della scuola di Matteo, il sedicenne che si è ucciso esasperato dalla cattiveria dei compagni, che con un sorriso ebete ci ha spiegato che “le dinamiche interpersonali, l’interazione sociale, il disagio esistenziale” e l’anima de li mortacci?
Matteo si è ucciso, l’hai visto il funerale, e tu invece di ammettere che la tua utilità nella scuola è pari allo zero assoluto, perché i libri sui quali hai studiato erano impregnati dei sensi di colpa per il passato nero della pedagogia, le cinghiate e le fruste e per reazione si è passati alla tolleranza assoluta, che fai? La poveretta non può fare nulla, perché ha armi spuntate e perché quelli sono figli dei loro genitori.

Provate a dire ad un genitore che suo figlio non riesce a scuola perché è sostanzialmente un idiota, perché è un lavativo e uno stronzo che picchia gli altri, magari anche voi. Perché i ragazzini adesso menano pure gli insegnanti. Il signor Stronzo e la signora Stronza, genitori dello Stronzetto, come minimo si rivolgono al TAR, all'ONU e al Tribunale dell'Aja e voi rischiate il posto. I loro figli sono tutti degli Einstein e delle Montalcini, solo un po’ vivaci. Si sa come sono i bambini/ragazzini/adolescenti. A volte, manco il Ritalin riesce a calmarli.
Siete voi che non siete in grado di capirli. E soprattutto non siete capaci di riparare ai danni che loro, i genitori, hanno combinato, prima con il non aver usato il guanto e l’averli messi al mondo e secondo con l’essersene fregati della loro educazione. Educazione? Ma che vuol dire? Cos’è, una parola a bassa frequenza? Ci deve pensare la scuola e poi loro che educati non sono cosa potrebbero insegnare, anche sforzandosi, ai loro figli?

Li sbattono davanti alla televisione che frigge lentamente i loro cervellini, li riempiono di cibo e cose per non doversi spremere con le cazzate tipo affettività e amore e ne fanno delle gioiose macchine da soldi, delle slot machines nelle quali devi sempre inserire un gettone: per il giornaletto, per le merendine, per la ricarica del telefonino, per i vestiti, i manga, i cd, l’I-pod. Loro non chiedono, pretendono. Se rivolgi loro la parola non ti rispondono, prendono su e se ne vanno. Game over, insert coin. Rispondono solo al tintinnìo del gettone che cade nelle loro tasche senza fondo.
A volte i genitori li pagano solo perché si levino dai coglioni e la finiscano di ciondolargli davanti con l'espressione da encefalogramma piatto. Oppure perchè almeno gli rivolgano un "mmghhgnhhh" senza senso come parvenza di dialogo.

I baby pornostar fanno le maialate a scuola e si riprendono con il telefonino, come ci raccontano quotidianamente i media che amano grufolare in questo tipo di notizie? Perché meravigliarsi? La televisione ha insegnato alle ragazzine che bisogna essere troie e mettersi in mostra, possibilmente davanti ad un obiettivo, e loro si adeguano. I maschi conoscono solo il tipo di sessualità da richiamo della foresta, il fotti e scappa.
Senza conoscere i valori dell’affettività e dell’amore che rendono il sesso sublime sono tutti condannati a ingrassare la categoria dei sessuologi, che tra qualche anno avranno le file fuori dagli studi di clienti impotenti e frigide. Rimarremo noi vecchi a trombare allegramente come ricci.

Credere solo nel potere d’acquisto del denaro, nello sfrenato individualismo e nel poter fare tutto ciò che si vuole non ti insegna il rispetto per gli altri. Le slot-machines non hanno un cuore, così si credono in diritto di offendere gli altri, soprattutto i deboli e i diversi, che ormai comprendono il resto del mondo meno loro.
I piccoli aguzzini possono infierire indisturbati sui deboli perché gli insegnanti non hanno regole d'ingaggio efficaci e per i genitori sono degli adorabili geni del crimine. Siamo fortunati che i Maso (che uccise i genitori a padellate per i soldi che i vecchi non volevano sganciare) e gli Erika e Omar siano casi così rari.

Sono troppo severa, non sono tutti così, quelli sono casi limite, i giornali esagerano, si vede che non hai figli, sei vecchia?
Sarà, ma quando leggi certe cose e vedi con i tuoi occhi certi esempi vicini a te viene una rabbia blu e ti ricordi di come invece i tuoi genitori si sono fatti il mazzo tanto per educarti e tu sei venuta su con dei valori.
Ne citiamo qualcuno a caso? L'umiltà, la fatica a guadagnare denaro onestamente con il lavoro, il rispetto per gli anziani, i deboli, gli ammalati, i poveri, i lavoratori. Il rispetto e l’amore per gli animali e la natura. Il senso della collettività. L’amore per la cultura, l’arte, la musica, le cose belle della vita, la semplicità del panino con il salame, il divertimento con niente. Il no che tante volte ti sei sentita dire ma che ti ha insegnato che non si può avere tutto nella vita. Il piacere della generosità e della solidarietà, del privarsi di qualcosa per condividerlo con gli altri. La capacità di ascoltare, consolare e piangere assieme agli altri. Qualche volta se non capivi il messaggio ti arrivava uno scapaccione. Ma soccia, se poi lo capivi!

Questi ragazzini, venuti su senza controllo e senza regole come l'erbaccia, fanno rabbia e anche paura.

lunedì 9 aprile 2007

Vuoi tornare a casa? Un fiorino.


A me piacciono le sagre paesane, basta che non mi càpitino sotto casa e che non mi chiedano una "offerta libera" per poter attraversare il ponte che mi serve per tornarmene alla base per i cavoli miei.
Oggi invece sembrava di essere nel film di Troisi. Alt, chi siete, cosa fate, ma quanti siete? Un fiorino!
Nel mio quartiere hanno chiuso la via d'accesso principale al centro della città e, dopo pranzo, per tornare a casa con la mia bicicletta, ho trovato questo simpatico posto di blocco, che ho quasi sfondato, fregandomene, tra il malumore dell'umarell addetto alla riscossione dell'ingiusta gabella.
A me le entrate piacciono libere, se c'è da pagare non mi diverto. Ho sempre evitato le feste dell'Unità per quel motivo. Perchè dovevi appunto pagare il fiorino per entrare anche se poi andavi a giocarti diecimila lire alla lotteria. E' più forte di me. E' una questione di principio. Figuriamoci se poi devo pagare solo per esercitare il mio diritto di passare da una strada pubblica che è di tutti, quindi anche mia. Per la prossima fiera che volete fare, la zona rossa come al G8? I cavalli di Frisia con le comparse vestite da SS? Se volete mi travesto e il doberman ve lo faccio io.

Mannaggia alla Pasquetta, al controesodo, alle gite fuori porta, a tutte le specie animali delle quali hanno parlato al tg2 che ci mancava solo il verme solitario, al picnic, al beltempo che imperversa su tutta la penisola, ai vacanzieri, alla cancelliera imperatrice di Capri, a questa festa stupida che ci ricorda, dopo la Resurrezione del Signore, che dobbiamo tornare alle nostre miserie quotidiane da mercanti del Tempio.
Vuoi passare? Un fiorino. Ma vaffanculo!

giovedì 5 aprile 2007

Come ti riciclo il farmaco sporco - Il ritorno della talidomide


Negli anni ‘50 fu realizzato e immesso sul mercato quello che sembrava il farmaco ideale, il Contergan© (o Distaval©, tra i molti nomi commerciali che assumeva).
Era un sedativo meraviglioso ma privo dei pericolosi effetti collaterali dei barbiturici. Ne potevi prendere un’intera confezione e non rischiavi la morte per overdose. Era talmente blando che veniva consigliato alle donne in gravidanza alle quali per giunta era in grado di togliere la nausea mattutina. Il nome molecolare della mirabolante sostanza era imide dell’acido n-ftalil-glutammico, ovvero talidomide.

La ditta tedesca produttrice del farmaco, la Chemie Grunenthal, investì in una campagna di marketing senza precedenti che, attraverso inserzioni su riviste mediche e informazione diretta e martellante ai medici fece entrare la talidomide praticamente in ogni casa, in alcuni land tedeschi senza l’obbligo di prescrizione medica. Una specie di innocua aspirina da somministrare a tutti, e da consumarsi come le caramelle. Una panacea di tutti i mali da dare anche ai bambini, come recita questa pubblicità dell’epoca: “La vita del tuo bambino può dipendere dalla sicurezza del Distaval”.


Dopo qualche anno tuttavia cominciarono a comparire casi di neurite multipla che sembravano collegarsi all’uso del Contergan©. Alcuni pazienti che lo assumevano regolarmente lamentavano formicolii agli arti e vere e proprie sindromi neurologiche.
Il cammino trionfale della talidomide però proseguì, tanto da regalare alla CG utili di milioni e milioni di marchi.
La talidomide dalle uova d’oro fu mescolata ad altri principi attivi e rientrò in decine e decine di prodotti farmaceutici destinati anche a curare il banale raffreddore.
I farmaci contenenti talidomide a quell’epoca venivano venduti in undici paesi europei e in molte altre parti del mondo. In Italia era presente sul mercato con ben una decina di nomi diversi.
Negli Stati Uniti però non passò le forche caudine della FDA a causa, o per meglio dire grazie alla caparbietà di una ricercatrice, Frances K.O. Kelsey che rigettò per ben due volte la domanda di ammissione della talidomide negli Stati Uniti, non persuasa della bontà della sperimentazione effettuata sul farmaco e preoccupata per gli effetti collaterali neurologici e i possibili effetti teratogeni, ossia la possibilità di causare malformazioni congenite nel feto.
Anche in Turchia un eminente ricercatore fu in grado di scoprire gli effetti teratogeni della talidomide semplicemente cambiando la razza di animale sul quale testarlo: il coniglio invece del ratto.

Nel 1956 un ginecologo australiano osservò un aumento dei casi, normalmente rarissimi, 1 su 4 milioni, di focomelia (malformazione congenita agli arti) nei neonati, e per primo collegò i danni fetali all’uso del Contergan© in gravidanza.
Nel 1961 il dottor Widukind Lenz denunciò ad un congresso di pediatria i gravissimi effetti collaterali della talidomide e ne chiese il ritiro dal mercato. Poco tempo dopo fu definitivamente dimostrata la responsabilità del farmaco per le gravissime malformazioni su almeno 10.000 bambini nati nel periodo del suo massimo utilizzo.
La casa farmaceutica inizialmente reagì con la negazione degli effetti collaterali e tentò anche di intimidire con pesanti minacce di morte i medici che avevano denunciato pubblicamente la nocività della talidomide.
La talidomide fu infine ritirata dal mercato e quel nome rimase legato per sempre alle immagini impressionanti che comparivano sulla stampa di allora di bambini con le braccine attaccate direttamente alle spalle o con pinne al posto delle gambe.

Il processo tenutosi in Germania nel 1967 condannò la Chemie Grunenthal a risarcire le vittime del la talidomide con milioni di marchi. I paesi colpiti crearono strutture adeguate al sostegno alle famiglie con figli focomelici.

E in Italia? Ufficialmente i nati deformi a causa del talidomide riconosciuti allora furono appena una ventina, ma a distanza di quasi cinquant’anni, una recente proposta di legge per l’assegnazione di un vitalizio alle vittime parla di circa 120-150 persone ancora in vita. Ricordate il fenomeno dei “pittori con la bocca e con il piede”, dalla cui associazione ogni anno ricevevamo i biglietti d'auguri natalizi da acquistare a fronte di un’offerta? Fra loro molti erano figli della talidomide.
Si deve aggiungere che la talidomide fu ritirata dal mercato italiano solo nel 1962, con un anno di ritardo rispetto agli altri paesi e che sul caso, nonostante le relazioni mediche congressuali che riferivano l’aumento preoccupante di casi di focomelia, vi furono molte reticenze dei governi di allora a fornire dati precisi sul numero effettivo di vittime.
Private di ogni sostegno morale, medico ed economico, le famiglie spesso finivano per nascondere i loro figli sfortunati e vergognarsene. L'unica assistenza che lo Stato italiano ha finora concesso alle vittime del la talidomide è stata l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, riconosciuta tardivamente grazie all'articolo 3 del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27.

Questa la storia di cinquant’anni fa. Il farmaco che genera mostri viene accantonato e dimenticato.
Poi, come sempre più spesso accade, si pensa di riutilizzare il prodotto ritirato, magari riciclandolo come “farmaco orfano”, definizione che indica quei farmaci che sono utilizzati per patologie rarissime e quindi non hanno mercato, oppure sono stati ritirati per vari motivi, compresa la loro tossicità.
In molti paesi, se una molecola viene fatta rientrare nella categoria degli “orfani”, la casa produttrice può ottenere ingenti finanziamenti statali, esenzioni fiscali e innumerevoli altri benefici.

La scoperta, qualche anno fa, che la talidomide dà sollievo ai malati di lebbra provvede a sdoganare il killer di bambini una prima volta.
La seconda quando si comincia a parlare di Talidomide come farmaco anticancro per le sue proprietà angiostatiche (paradossalmente responsabili anche delle stesse malformazioni focomeliche) e viene lanciato nuovamente sul mercato dalla multinazionale Celgene con il nome di Thalomid© per il trattamento del mieloma multiplo.
Altri studi la definiscono un farmaco ideale per alcune patologie legate all’AIDS.
Insomma, nonostante sul sito della Celgene vi siano avvertimenti sulla teratogenicità del farmaco (e vorrei vedere!) e raccomandazioni a caratteri cubitali sulle modalità d’uso si ha l’impressione che la gallina dalle uova d’oro abbia ricominciato a covare e che prima o poi ci vedremo riproporre la talidomide come panacea di tutti i mali. Come cinquant’anni fa.


La tragedia del Contergan© fu provocata dalla criminale leggerezza di coloro che non eseguirono test approfonditi sulla tossicità della sostanza e furono accecati dalla prospettiva di guadagni illimitati grazie al sedativo perfetto. Oggigiorno, quante garanzie abbiamo che quella lezione sia stata imparata? Che campagne ancora più massicce sui media non sarebbero capaci di far passare di nuovo come quasi innocuo qualunque farmaco, anche dal passato orrendo come la talidomide?
Siamo certi che dietro al riciclaggio di farmaci "sporchi" vi siano serie ricerche oppure solo manovre speculative e di marketing, come ho scritto sul caso del bupropione, antidepressivo fallito e dannoso riciclato come pillola contro il fumo?

Quei piccoli senza braccia e gambe non sono brutti incubi del passato, stanno lì a ricordarci che la medicina può trasformarsi in generatrice di mostri se si lascia incantare solo dal profitto.

martedì 3 aprile 2007

A letto dopo questo post - I 50 anni di Carosello

L’altro giorno, parlando dello scoiattolo scorreggione, vi ho mentito. Ho scritto che detesto la pubblicità ma in fondo non è vero. La detesto quando è troppo paracula ed esoterica e non la capisco e ciò accade inevitabilmente per gli spot delle automobili tedesche.
Non mi piacciono gli spot dove la tipa approccia un Togo come fosse in un film di Rocco Siffredi perché si prendono troppo sul serio e sono in fondo ridicoli. Il sesso per me funziona in pubblicità solo se è sdrammatizzato e tira sul comico, vedi “Antò, fa caldo!” oppure le battutine della Ridolfi sul gorgonzola e le pere. Per non parlare del ben più audace, per l'epoca :"Caballero, che pistola!" pronunciato da Carmencita.

Va bene, alcune pubblicità mi piacciono ma solo se mi divertono. Dev’essere l’imprinting di Carosello. E’ difficile per chi ha conosciuto solo il “du gusti is meglio che uan” capire cosa ha rappresentato per quelli della mia generazione l’appuntamento serale con i 4-5 sketch della rubrica fissa della RAI, andata in onda ininterrottamente dal 1957 al 1977, della quale in febbraio si è celebrato il cinquantenario.

Avrete sentito dire che i nostri genitori pronunciavano la fatidica frase: “A letto dopo Carosello”. Ma era proprio vero? In genere si, non c’era alcun problema di fascia protetta perché i bambini a quei tempi si levavano dagli zebedei alle otto e mezza di sera e si andava a letto per davvero. Poi, che il massimo della trasgressione per gli adulti rimasti di fronte al teleschermo fosse Albertazzi con le lenti a contatto bianche nei panni di Dr. Jekyll e Mr. Hyde, è un’altra storia.
A volte ci veniva concesso di rimanere svegli per eventi eccezionali, come Maigret o il mitico Belfagor (sui cui effetti traumatici su un'intera generazione ho già raccontato), oppure lo sbarco sulla Luna, per il quale venni tirata giù dal letto senza troppa convinzione da parte mia.

Carosello e imprinting, si diceva. Pare che la prima parola che riuscii a leggere sia stata “Zoppas”, letta sulla cucina a gas di mia zia.
Il pianeta Papalla, Carmencita “chiudi il gas e vieni via”, L’ispettore Rock e la brillantina Linetti, Caio Gregorio guardiano der Pretorio, Joe Condor, Gigante-pensaci-tu, “capitano, lo posso torturare?” “supercortemaggiore-la-potente-benzina-italiana”, “con quella bocca può dire ciò che vuole”, l’omino Bialetti, l’uomo in ammollo, la linea di Cavandoli, Alemagna “ullallà è una cuccagna” e ovviamente Calimero, il più grande.
Se ancora oggi uso “quel” detersivo il motivo sta sicuramente nell’imprinting, del quale si parla anche nel Lorenziano primo episodio di Calimero, che narra del pulcino rifiutato, "perchè nero", da una gallinaccia parente di Borghezio. Per fortuna l'Olandesina (il cui significato allegorico mi sfugge) lo lava e lo rende uguale ai suoi ariani fratelli. Spot reazionario o sapiente uso della pubblicità per divulgare un messaggio antirazzista?



Una cosa che mi stupisce, ricordando Carosello, è la quantità incredibile di alcolici e superalcolici che erano pubblicizzati ed il cui messaggio arrivava tranquillamente, senza che alcun MOIGE si imbarazzasse, a noi bambini.
Stock 84, Dom Bairo l’uvamaro, Vecchia Romagna Etichetta Nera, Amaro Ramazzotti, Liquore Strega, la China Martini, la sambuca Molinari, aperitivo Biancosarti, Brancamenta brrrr, l’orrenda Batida de Coco, Petrus Boonekamp (che mi faceva venire ogni volta un accidente con il guantone di ferro, sbang!), Cambusa Uam l’amaricante, il Cynar contro-il-logorio-della-vita-moderna, Cavallino Rosso, Rosso Antico.
Eppure non siamo diventati tutti alcolizzati. Meno male. In compenso non c’erano spot di automobili e ne siamo più o meno tutti schiavi.
Misteri del condizionamento.

domenica 1 aprile 2007

Il mestolo di Foucault

A volte mi chiedo cosa sarebbero stati questi primi anni del nuovo secolo, nonché millennio senza la saga di Cogne.
Dunque, come in “Beautiful”, diciamo: dove eravamo rimasti? Ah si, al processo d’appello e alla requisitoria dell’accusa, che ha chiesto la conferma della condanna a 30 anni per l’unica imputata Annamaria Franzoni, madre del de cuius. La prossima settimana ci sarà l’arringa della difesa e poi la sentenza. Con un'altra mezza dozzina di puntate di “Non Aprite Porta a Porta” forse ce la caviamo prima della Cassazione.

Un aggiornamento anche sull’ipotesi dell’arma del delitto, che ora pare stabilizzarsi sul versante mestolo, oggetto non troppo poetico per un delitto ("l’ha preso a mestolate") ma efficacissimo, a quanto pare.
Rimane il mistero di dove sia finito tale utensile domestico ma con i tanti canaloni che vi sono in montagna non pare difficile immaginarlo.

Di questo caso, se mai ci sarà concesso un giorno di riporlo con cura nel dimenticatoio, ricorderemo alcune cose.
La più lampante è che, per la prima volta nella storia del crimine, un caso evidente e limpido come l’acqua fresca, da pagina uno del manuale di criminologia, capitolo figlicidio, viene fatto credere complicato e irrisolvibile al mondo intero, utilizzando mezzi economici e mediatici a profusione.
Il vero mistero è come facciano i Franzoni a non essersi ancora venduti anche le mutande per pagare le parcelle degli avvocati. Sicuramente questo fattaccio di cronaca è anche servito come fenomenale campagna mediatica contro la giustizia, come fa notare giustamente Marco Travaglio nel suo articolo “Telecamera di consiglio”. Ogni riferimento a persone, imprenditori e partiti politici è puramente casuale.

Se si hanno dei dubbi su come al 99% delle probabilità si sono svolti i fatti, conviene leggersi la timeline di quella mattina come riportata dal primo rinvio a giudizio , stilato a botta ancora calda e prima di tutte le invenzioni difensive taorminesche.

La Franzoni si alza male quella mattina. Accusa un malore che, a posteriori, sembra proprio un'aura che precede un episodio psicotico acuto (o raptus, chiamatelo come volete). Viene perfino chiamata la guardia medica che nota come la signora stesse assumendo dei farmaci per dimagrire (a volte contenenti derivati anfetaminici, e quindi stimolanti). A titolo di esempio, alcuni farmaci possono perfino scatenare vere crisi di follia, come il prednisone, un cortisonico.
Il marito comunque alle 7:30 decide di andare a lavorare lo stesso. La madre rimane in casa da sola con i due figli. Il grande si prepara per andare a scuola e poco prima di recarsi alla fermata dell’autobus gioca per un po’ nel giardino. Samuele rimane a letto. Alle 8:15 circa la madre accompagna il figlio grande al bus. Parla con l’autista. Secondo alcune recenti teorie avrebbe dovuto essere in uno stato di sonnambulismo.
Torna a casa e qui non si sa se la porta fosse rimasta aperta o chiusa. In un primo momento lei disse che ovviamente l’aveva chiusa (con tutti i mostri che giravano per Cogne) poi, dovendo sostenere la causa del rapimento alieno rettificò e disse che era rimasta aperta.

Attenzione adesso perché, secondo le ricostruzioni, tra il momento in cui Annamaria rientra in casa e scende da Samuele che piange e l’allarme dato da lei stessa trascorrono otto minuti. Immaginate una madre che scende da suo figlio, lo trova con il cervello spiaccicato sul soffitto e se ne sta lì inebetita per otto minuti, un tempo interminabile per un bambino che lotta tra la vita e la morte. Vi sono madri che hanno sollevato automobili per liberare il figlio imprigionato sotto le ruote. In otto minuti si allertano anche l’esercito e il genio pontieri.
Quando fa finalmente una telefonata non è al 118, come sarebbe logico per ogni madre che avesse trovato suo figlio massacrato da un estraneo, ma alla dottoressa di famiglia nonché psichiatra, la quale si precipita non prima di aver consigliato la donna di chiamare appunto il 118, vivaddìo.
La telefonata successiva Annamaria la fa al marito, ma non al cellulare, al fisso dell’ufficio. Parla con la segretaria e le dice di “riferire a suo marito che Samuele è morto”. Il bambino respira ancora, seppure agonizzante, ma lei, sua madre, lo dichiara già perduto. Arriva la dottoressa e in quei minuti chissà cosa accade ma comunque viene partorita la mirabolante idea che al bambino è scoppiata la testa per un aneurisma (sic). Samuele viene “medicato” e trasportato fuori all’addiaccio in attesa dell’elisoccorso, che finalmente lo trasporterà in ospedale alle 9,19.
Qualcuno si chiederà a questo punto, ma i Carabinieri dove sono? Se è stato un delitto del mostro di Cogne, scoperto dalla povera madre, le forze dell’ordine che fanno, dormono? Veramente nessuno le ha ancora chiamate, né Annamaria, né la medichessa, né il marito della Bimba.
Saranno allertate dal Dottor Iannizzi del 118 che nota subito qualcosa di strano e non si beve l’assurda teoria della testa scoppiata che va sostenendo, restando miracolosamente seria, la Dott.ssa Satragni. Sarà un infermiere del 118 a chiamare i Carabinieri, che giungeranno solo verso le ore 10 sul luogo del delitto, dove ormai sono passati cani e porci e i mestoli hanno avuto tutto il tempo di dileguarsi.
Prima di salire in macchina per seguire Samuele all’ospedale Annamaria affiderà le chiavi di casa alla vicina, quella stessa signora che poco tempo dopo sarà accusata di essere una picchiatrice di bambini e possibile bieca assassina del piccolo. Come è noto le chiavi di casa le affidiamo di solito al primo estraneo che capita, possibilmente dalla faccia feroce.

Da quel momento, dopo la certificazione della morte del povero bimbo sfortunato Samuele, ha inizio la grande campagna “salvate il soldato Annamaria” che vede impegnate truppe di terra e di mare e plotoni di avvocati aviotrasportati.
Un ingenuo carabiniere registra in caserma quella che potrebbe essere la vera confessione di Annamaria, “Ci sono madri che uccidono i figli, sa…” ma nessun Vespa ricorderà più quella frase.

Il paese di Cogne viene scosso dalla sua esistenza lenta e pallosa e diventa il paradigma del caso giudiziario, il luogo del grande mistero (che come abbiamo visto mistero proprio non è). Rennes le Chateau e Stonehenge gli fanno una pippa.
Il ciclone Annamaria per poco non spazza via tutto il paese. Dal sindaco che sembrava un po’ un Hobbit ai vicini di casa e a tutti coloro che si trovarono per disgrazia sotto il mirino dei diabolici Franzoni quando c’era da trovare un colpevole alternativo alla Bimba. Prima i visitatori della sera precedente e la loro maledizione scagliata sulla Sacra Famiglia Unita. Poi la vicina (quella alla quale si affidano le chiavi di casa della casa della Famiglia Felice), il parente un po’ scemotto della vicina, fino all’ultimo abitante e ad un turista tedesco che passava per caso per un sentiero. Immaginate perché alla fine i Franzoni hanno deciso di tornare al paesello natìo di lei?
Nel suo feudo Annamaria può perfino far credere di essere una baby-sitter ideale per tutti gli under-12. “Oggi” ci fa i servizi lacrimogeni sulla povera madre perseguitata dai giudici carogne, sui quali vigila l’avvoltoio di “Porta a Porta”.


P.S. Cosa c’entra il pendolo di Foucault, parafrasato nel titolo? Nulla, ma faceva tanto Umberto Eco.

Clerical divide do Brasil

A navigare sui siti della stampa internazionale si leggono a volte notizie che sfuggono ai media nostri che non stanno né in Cielo né in Terra, asserviti come sono al potere neocon-oniale.
Quando ho letto questo titolo, che recita:” Benedetto XVI non andrà in Brasile. Il Presidente Lula rompe le relazioni con il Vaticano” mi sono detta, ma questa non sarebbe una notizia da aprirci un telegiornale delle 20, al posto delle solite sbroccate del Banana?

Per fortuna, l’aver studiato il portoghese in gioventù mi ha permesso di leggere l’intero articolo, che narra non solo della sempre più probabile cancellazione del previsto viaggio papale in Brasile, ma anche del colpo del secolo che sta preparando il Presidente brasiliano Lula, tale da far impallidire le riforme progressiste di Zapatero in Spagna.
Un capitolo della legge denominata “Carta dei diritti personali e sessuali del cittadino brasiliano” all’interno del progetto Saude Sexual e Segurança in un botto liberalizzerà definitivamente divorzio (in soli sei mesi), aborto (anche per le minorenni), ricerca sulle cellule staminali (libertà assoluta), matrimonio omosessuale e adozione per le coppie gay in Brasile.
Tutto grazie ad un accordo super-segreto con i vescovi brasiliani aderenti alla Teologia della Liberazione che starebbero inoltre premendo sui colleghi degli altri episcopati e sugli altri governi sudamericani per estendere queste leggi a tutto il continente. Si parla già di un accordo fatto con Chavez, Bachelet e Kirchner.
Non solo, ma gli stessi teologi e i vescovi che appartengono al movimento “Per un ritorno a Cristo”, se il Vaticano dovesse reagire con una scomunica collettiva (che si vocifera imminente oltretevere), avrebbero già pronto uno scisma, che darebbe origine alla nuova Chiesa Cristiana Sudamericana staccata da Roma, con l’immediata eliminazione del celibato per preti e suore e con possibilità per loro di sposarsi e formare una famiglia, anche omosessuale e la donazione di tutti gli averi episcopali ai poveri.

In Vaticano in questi giorni vi è grande fermento, scrive il giornale “O Globo”. La nomina di una generale, Bagnasco, a capo della CEI non fa presagire nulla di buono e fa temere un tintinnar di sacre baionette. Bagnasco sarebbe stato incaricato in gran segreto di recuperare ad ogni costo un clamoroso dossier in mano ai vescovi sudamericani scismatici che se mai pubblicato farebbe crollare il Vaticano come le torri gemelle. Dossier che svelerebbe, secondo alcuni una volta per tutte, i legami inconfessabili tra una multinazionale segreta del crimine che gestirebbe la pedofilia internazionale, ambienti vaticani, servizi segreti occidentali e addirittura la famigerata organizzazione nazista ODESSA.

Altre voci, forse meno attendibili, parlano addirittura dell’esistenza di dossier personali esplosivi su Padre Georg ed il Papa in persona che si starebbe cercando disperatamente di recuperare, grazie anche all’interessamento della CIA, in codice rosso da molti giorni a causa di queste notizie. Secondo gli insiders alla Casa Bianca George Bush sarebbe molto preoccupato e Olmert avrebbe offerto al Vaticano l’aiuto disinteressato del Mossad.

Chi vivrà vedra, intanto i nostri tele e cinegiornali LUCE non ne parlano e continuano, secondo copione, a vomitare sciocchezze varie su diete, maltempo, foche monache in estinzione, dive in disintossicazione e altre tragedie della ricchezza.

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