giovedì 24 novembre 2011

Fassino Fassina


L'ala Liberal del PD si è scagliata contro il responsabile economico del partito Stefano Fassina, colpevole di aver detto parecchie cose di sinistra riguardo alle pretese dell'Europa in campo di riforme, e ne chiede addirittura le dimissioni, nella forma del modaiolo passo indietro.
La giustificazione che adducono questi Liberal per la loro sbroccata un tantinello Illiberal è che le critiche di Fassina "appaiono in netta dissonanza rispetto alle linee di responsabilità e di rigore assunte giustamente da Bersani". Traduzione dal centraldemocratichese: "Il segretario ha sempre ragione e la sua linea non si tocca".
E qui viene il bello, nel senso che il segretario, Bersani, dice di non capire la richiesta di dimissioni per Fassina. Leggetevi tutto l'articolo su quest'ultima emblematica vicenda piddina, che merita. 

Vedete, a me queste schermaglie, queste borsettate tra simili, queste querelle per forza, ricordano quelle tra i gemelli siamesi. Obbligati a vivere attaccati l'uno all'altro, amandosi ed odiandosi, finché uno schiatta e l'altro, per la paura di morire anche lui, gli va appresso nel giro di pochi minuti. 
Immaginate la sofferenza di un Fassino - che sta con Marchionne - attaccato per un sottile lembo di pelle a Fassina, che sta con la FIOM e non è tanto persuaso della linea economica destrorsa del partito.
Benvenuti al Freak Show.

28 commenti:

  1. Cara amica Lameduck,

    quello che chiede l'Europa è chiarissimo: tagli allo stato sociale.

    Fra breve il PD dovrà votare le misure impopolari del governo Monti.

    Berlusconi potrà parlare di complotti dell'Europa contro di lui perchè si era opposto alle misure punitive volute dai tecnocrati europei.

    Fare la vittima e l'opposizione è la cosa che a Sivio riesce meglio.

    Fino a poco tempo fa tutti i sondaggi davano la sinistra in netto vantaggio. Non mi stupirei se fra poco tempo i sondaggi daranno di nuovo in vantaggio la destra.

    Ciao Davide

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  2. E' assurdo tagliare il welfare, e non badare agli sprechi (gettoni altissimi al Sud, costo sanità spropositato-sempre al Sud, corruzione da 60miliardi l'anno!!!, ecc.), anche perchè tramite dei semplici grafici, io, da ignorante che sono in finanza, ho notato che la spesa pubblica non incide sul debito pubblico (penso che siano gli interessi, fra le varie cose, a farlo impennare).

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  3. Ho letto l’articolo di mente critica, ma se questo Fassina ha detto le stesse cose, ha dimostrato solo la sua ignoranza.
    La densità di cazzate per cmq è molto alta.

    Si pensi, allora, alla determinazione con cui ci si adopera per ridurre il numero degli occupati nelle aziende private o nella macchina pubblica […] Sembra quasi che più diminuisce il lavoro e meglio stanno quanti conservano il proprio lavoro. Siamo all’esplosione della follia collettiva, come ultimo frutto di una tecnica solo apparentemente fine a se stessa. Non sono un economista e, con ogni probabilità, non lo è neppure l’eventuale lettore, ma non riesco a capacitarmi come meno lavoro possa rendere più ricco ”

    Se un azienda con 100 occupati produce quanto una con 10, significa che 90 sono di troppo, e che qui 100 lavorano il 10% di quanto potrebbero, incidendo pesantemente sui costi dell’azienda (e quindi sui ricavi). L’idea non è quella di licenziare 90 persone e gettarle in mare da un elicottero, (come sembra credere Quercia), ma di mandarle a lavorare in altre 9 aziende simili. In questo modo la produzione complessiva viene decuplicata, quindi ogni lavoratore potrà ricevere uno stipendio più alto perché produce di più... ma niente, secondo lui è meglio mandare a puttane l'azienda e farsi pagare il prepensionamento che sbattersi per cercare un nuovo lavoro.

    Intendiamoci, non c’è in questa tesi un malvagio intendimento punitivo nei confronti dei lavoratori, ma l’idea, piuttosto discutibile, che, essendo l’azienda il motore economico di un Paese, bisogna in ogni modo agevolarne l’agilità e l’elasticità operativa, anche attraverso un’indiscriminata libertà di licenziamento. L’azienda, inseguendo il mercato, potrà licenziare liberamente in caso di flessione della domanda e questo favorirà alla fine (ma alla fine di che?) un sicuro aumento delle assunzioni, per effetto di una automatica ripresa del mercato. Si potrebbe a questo proposito eccepire, dati alla mano, che in Europa, dove questa misura è già in vigore, vagano come anime in pena oltre venti milioni di disoccupati e che altrettanto avviene negli Stati Uniti

    Le “20 milioni di anime in pena” sono la somma di tutti i disoccupati che ci sono in Europa. e allora? Che significa? Se guardiamo le percentuali troviamo che Italia e Germania hanno percentuali simili, intorno al 7%. In tutti i paesi del nord Europa (dove si licenzia più facilmente) le percentuali sono più basse (olanda 3,6%). La Spagna, con una legislazione simile alla nostra ha il 19,3% di disoccupati. Insomma non c’è nessuna relazione tra articolo 18 e tasso di disoccupazione, e se c’è, influisce in peggio, non in meglio.

    Perché il capitale, finché è stato possibile, ha speculato sui bassi salari, poi ha spinto, o meglio costretto, i salariati ad indebitarsi per mantenere i consumi ed infine si è trasformato in capitale finanziario per succhiare le ultime gocce di sangue, fingendo di affidarsi a neutrali misure tecniche.

    Mi immagino i banchieri con la pistola puntata alla testa dei consumatori: “compra il televisore al plasma o ti faccio saltare le cervella”. Immagino che siano stati gli speculatori di borsa che hanno corrotto governi ei sindacati per far si che lavoratori potessero andare in pensione a 40 anni.

    è ora di comprendere che il denaro non può essere il fine dell’uomo, ma deve tornare ad essere un mezzo per il raggiungimento dei suoi scopi;

    Bene, la prossima volta che l’idraulico ti ripara il lavandino e vorrebbe essere pagato, invece di dargli i soldi digli così… sono sicuro che capirà.

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  4. Mi sembra che il problema principale dell'estrema sinistra e dei tanti Fassina che ancora imperversano in questo paese sia quello di pretendere la botte piena e la moglie ubriaca.

    Vogliono lo stato assistenziale che distribuisce stipendi garantiti che piove o non piove il 27 i soldi sono quelli, ma aborrono vivere nelle squallide economie socialiste dai negozi tristemente vuoti.

    Vorrebbero che al posto dei burocrati comunisti ci fossero imprenditori capaci di produrre ogni ben di Dio di generi da comprare, ma così filantropi da levarsi il pane di bocca pur di assicurare ai loro lavoratori un lauto stipendio, e senza pretendere di farli lavorare anche quando gioca la nazionale di calcio.

    Volete inseguire i vostri sogni? rimettevi a dormire... è l'unica.

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  5. paolo09:04

    Fassina o Enzo Bianco? Certo il dilemma e molto difficile. Per esempio parlassimo di cucina non avrei dubbi e sceglierei Bianco: mi da l'idea di essere una buona forchetta...
    Ora, se Ichino ha l'ambizione di fare il sottosegretario si scelga amichetti politicamente più capaci e che rappresentino qualcuno oltre a se stessi.

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  6. domanda esistenziale,ma perchè nel pd quando qualcuno dice qualcosa di sinistra viene messo alla gogna?
    chi risponde esattamente vince una carta revolving,con "comode" rate puoi aquistare cio che vuoi,anche la bara per il nonno.

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  7. @ Marcello A.

    Col consenso della padrona di casa, mi permetto di replicare alla sua raffinata confutazione. Noto infatti che Lei conosce perfettamente le dinamiche economiche di mercato, ai cui meccanismi è evidentemente impermeabile.
    E' talmente concentrato nello strepitare contro i cascami ideologici dei "burocrati comunisti" (ma siete ossessionati? Vi sodomizzavano all'asilo 'sti comunisti?) da non accorgersi di quanto sia ideologico e fazioso il suo ragionamento.
    Evidentemente Lei NON ha mai lavorato in uno stabilimento privato, altrimenti saprebbe che:
    1)In piena crisi economica, con una probabile recessione in atto, crollo degli ordinativi e contrazione della domanda al consumo, solitamente le aziende NON assumono nuovo personale. Chi perde il lavoro, e massimamente chi ha un contratto atipico, viene letteralmente sbattuto in mezzo ad una strada con scarsissime possibilità di ricollocamento per quanto possa "sbattersi" in cerca di nuova occupazione.
    2) In Italia, di fatto, superati i 33 anni, si viene considerati "vecchi". Le aziende non investono nella formazione e nel reinserimento di lavoratori considerati non appetibili:
    perché troppo smaliziati (conoscono troppo bene le dinamiche contrattuali e non si lasciano incantare dalle menate su "dinamismo e intraprendenza");
    perché hanno figli a carico (aumentano le possibilità di assenza);
    perché non coperti dalle agevolazioni fiscali dei contratti di apprendistato a dal nuovo CIL;
    Perché dai 35 anni in sù, se hai sempre fatto l'operaio, gli acciacchi iniziano a farsi sentire e ci si ammala più facilmente (strappi e infiammazioni muscolari se si lavora in catena di montaggio o come magazzinieri).
    3) Se perdi il lavoro a 50 anni, sei praticamente FINITO. Ovvio che gli interessati difendano il posto con le unghie e coi denti chiedendo un minimo di garanzie.
    Non certo perché sono un gruppo di parassiti che non hanno voglia di lavorare. Esistono anche questi, certo! Ma i manager incapaci e strapagati sono molto più numerosi (e perniciosi).
    4) Mi spiace deluderla ma, se una azienda riduce il personale per risparmiare sui costi di manodopera, lo fa accorpando le mansioni scoperte, a carico dei lavoratori rimasti (perennemente sotto ricatto licenziamento: "volete fare la fine degli altri?") . In pratica vuol dire che la mole di lavoro aumenta (raddoppia a parità di stipendio); aumentano anche le ore, incrementando il numero degli straordinari (che in molte imprese sono "obbligatori" se si vuole il rinnovo del contratto). Tuttavia, al contrario di quello che crede Lei, gli stipendi rimangano invariati (mai sentito parlare di "moderazione salariale") o addirittura diminuiti nel loro potere d'acquisto attraverso la dilazione dei CCNL. Se si lavora in fabbrica, in piedi, piegati su una linea di assemblaggio, le assicuro che 10 minuti di pausa ogni 3h di lavoro sono una necessità e non un lusso.
    L'eliminazione della pausa, che a Lei sicuramente farà sorridere, comporta 50 minuti di lavoro in più regalati all'azienda nel corso di una settimana lavorativa. Nell'arco di 12 mesi, se sommati, i minuti si trasformano in circa 40 ore di lavoro non retribuite. In un anno, è una settimana di lavoro in più e non pagata. Altro che "stipendio più alto per chi produce di più"!

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  8. @ Marcello A. (Part II)


    5) Forse Lei non sa che per una furberia statistica, nel computo dei disoccupati le statistiche ufficiali non conteggiano: i lavoratori in cassa-integrazione e tutti coloro che percepiscono l'indennità di disoccupazione (sono percettori di reddito); e con un artificio tutto italiano non vengono ricompresi nel calcolo nemmeno coloro che non cercano più un "lavoro attivamente", ovvero che non spediscono almeno un curriculum al mese (ovvio motivo per cui ha luglio e agosto c'è sempre una "diminuzione" del numero dei disoccupati). In caso contrario, i disoccupati in Italia sarebbe da primato europeo con cifre superiori al 20%. Altro che "in linea con la Germania"!
    Poi non parliamo dei livelli di reddito per chi invece una occupazione ancora ce l'ha...
    E certo che l'idraulico vuole essere pagato a lavoro ultimato: a ogni servizio un prezzo.
    Un giusto prezzo. E non mi pare che stipendi da 4 milioni di euro all'anno lo siano, specialmente quando si conciona sul costo di un lavoratore da 1000 euro mensili.

    Ma torni pure a dormire Sig. Marcello, con quattro strati di prosciutto sopra agli occhi; torni a delirare nei suoi incubi popolati di comunisti, soviet, e cosacchi con la stella rossa, che attentano alla sua 'roba' ed al suo bel culo parato di "libero professionista" e manager pubblico. Nella Sanità immagino.

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  9. @ Sendivogius

    Grazie della sua cortese risposta.

    Contrariamente a quello che lei presume io non sono mai stato un dipendente pubblico con il “culo parato”.

    La mia famiglia non aveva soldi per mantenermi all’università. Ho iniziato a lavorare a 18 anni come manovale a caricare i mattoni. A 20 anni sono stato assunto in una piccola ditta privata come installatore di impianti tecnologici. Il primo giorno di lavoro mi misero una pala in mano per fare uno scavo per i cavi elettrici interrati. Prendevo la metà di un operaio della FIAT, contributi così-così, niente ferie, straordinari obbligatori ma pagati (se venivano pagati) come ore normali.

    Meno faticoso che alzare mattoni, ma comunque non mi sembrava il massimo della vita, così cercai di migliorare. Ho studiato per tenermi al passo con la tecnologia, investendo tempo e denaro in stage, corsi di aggiornamento, scuole di informatica, leggendo manuali fino a notte fonda.
    Dopo 5 anni dirigevo il reparto, guadagnavo il triplo, le trasferte le concordavo a cottimo, non ero tenuto a rispettare gli orari. Dopo altri 5 anni mi sono licenziato e ho aperto partita IVA. Come capitale avevo solo la mia cassetta degli attrezzi, tester, pinze e qualche cacciavite.
    Dopo altri tre anni cominciai ad assumere dei dipendenti.

    Sono stato operato due volte al menisco per i tanti anni passati a lavorare in ginocchio, ho diverse ossa rotte per incidenti in cantiere, le cicatrici e le bruciature non le conto nemmeno più.

    Oggi sono un autonomo, lavoro per conto mio. Ho accumulato abbastanza esperienza da essere fiducioso di poter trovare lavoro sempre e dovunque con facilità. Parlo inglese e ho lavorato spesso all'estero. Pur avendo quasi 50 anni senza un lavoro fisso, ho un reddito dignitoso e non credo affatto di “essere finito.”

    Ricordo che molti dei miei vecchi colleghi di lavoro, mentre io studiavo, andavano a giocare a calcetto. Quando io mi pagavo i corsi di formazione, loro si compravano il televisore nuovo. Se c’era un problema, io non me ne andavo a casa finché non lo avevo risolto; loro invece i problemi cercavano di scaricarli su qualcun altro. Se una cosa non sapevo farla, cercavo chi me la insegnasse; loro invece speravano non che gli fosse insegnata, pechè sennò poi gli toccava farla... hanno continuato a fare i dipendenti tutta la vita, non hanno mai imparato nulla di nuovo. La loro massima aspirazione è sempre stata quella di andare in pensione al più presto possibile. Sono rimasti ancorati a figure professionali obsolete, o peggio sono rimasti operai generici, pur vivendo in una società avanzata come la nostra, dove il lavoro non specializzato praticamente non serve più.

    Ecco, non posso fare a meno di pensare che gran parte delle "anime in pena" che si aggirano per l'Europa si possono identificare nella descrizione dei miei ex colleghi.

    Anche le giovani generazioni non sono esenti da questa apatia. Studiano lettere, grafica pubblicitaria, scienza della comunicazione (materie più facili di fisica e chimica), ma poi, non riuscendo a farsi assumere come presentatori in TV, si presentano a colloquio in uno stabilimento farmaceutico.
    Ho assistito a uno di questi colloqui:
    - “Perché vorrebbe lavorare con noi?”
    - “perché la vostra fabbrica è vicino casa mia, rimane comodo per arrivarci”.

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  10. Ne ho avuti di operai “smaliziati” alle mie dipendenze, è stata una esperienza molto spiacevole, devo dire. Impegno sul lavoro al minimo sindacale, se gli affidavo un minimo di iniziativa mi accusavano di non fornire indicazioni precise, se invece mi mettevo a spiegare per filo e per segno, si sentivano mortificati per la sfiducia. Espertissimi di diritti sindacali, conoscevano tutti i cavilli, che spiegavano agli apprendisti per “non farsi fregare” (da me) aizzandomeli contro. Ma doveri niente! Se il cliente non pagava perché avevano fatto una cazzata, non volevano sentir ragioni: lo stipendio lo concepivano come un diritto divino, qualcosa di totalmente slegato dalla produttività, e poi guai a rimproverarli! La risposta era: “se non ti sta bene così fattelo da solo”. Un bel giorno risposi: “avete ragione voi, potevo farmelo da solo. Andate tutti affanculo, siete licenziati”. Se avessi avuto più di 15 dipendenti, grazie all’art. 18 (un mostro giuridico presente solo in Italia) avrei dovuto abbozzare e tenermeli.

    Proprio per questo non mi meraviglia affatto che l’Italia abbia un tasso di disoccupazione così elevato. Anche io sono rimasto sorpreso nel leggere sul Corriere che Italia e Germania avevano un tasso simile, e sospettavo qualche trucco contabile, di quelli che ha descritto lei, ma non mi sembrava il caso di stare a sottilizzare, dal momento che ciò non farebbe che confermare ulteriormente la mia tesi, cioè che a maggiore rigidità del mercato del lavoro corrisponde sempre una maggiore disoccupazione.

    Concludo con una riflessione. Se il lavoro è considerato qualcosa di spiacevole, faticoso, fastidioso, al punto che si può costringere la gente a farlo solo dietro pagamento in denaro, e che il denaro è l'unica cosa che interessa alla gente, se siamo convinti di questo, se ne deduce che:

    1) l'ideale del dipendente è quello di ricevere denaro senza far nulla

    2) l'ideale del datore di lavoro è solo quello di spendere il meno possibile.

    Perciò sia i fannulloni, i parassiti che gli sfruttatori, gli speculatori, agiscono tutti in maniera conforme a dei principi etici ritenuti universalmente validi.

    Allora perché lamentarsi, visto che viviamo nel migliore dei mondi?

    bho...qualcosa non mi torna...

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  11. @ rossoallosso

    Perchè le cazzate che ha detto non sono "qualcosa di sinistra".
    Sono del qualunquismo populista basato sulla negazione dell'evidenza e della realtà.
    I suoi "rimedi" sono totalmente in contrasto con una economia liberale. Se pensi che sia meglio vivere in una economia socialista, è una tua rispettabilissima opinione, e sei libero di pensarlo, ma allora fatti prima la tua bella repubblica socialista e abolisci il liberismo!

    Applicare soluzioni socialiste in una economia liberista, è come entrare in un ristorante giapponese e ordinare una pasta e fagioli con le cotiche.

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  12. @Marcello
    c'è un problema ed è che io non vedo nessuna economia liberale,è la stessa economia che ci ha venduto il nano con le sue chiacchiere,la sua,e questa è quella dei banchieri di cui si vede solo la dittatura dell'euro,in nome di esso si smantellano stati,strutture sociali ed economiche senza che questi abbiano un minimo tornaconto,solo doveri e nessun privilegio perchè i privilegi sono per i "comunisti" e visto i privilegiati sono coloro che ci governano vedi da solo che la parola comunisti in bocca a questa gente non ha nessun valore ideologico ma solo propagandistico

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  13. @ rosso

    che significa per te la "dittatura dell'euro?"

    per alcuni analisti l'euro potrebbe essere abbandonato per un ritoeno alle vecchie monete.
    Secondo te quali sarebbero le conseguenze?

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  14. perchè tu che defifinizione dai al comportamento della bce,l'unica banca autorizzata a spampare euro,che scrive lettere ordinando diktat scavalcando la volontà popolare delegittimando di fatto i governi regolrmente eletti.
    sulle conseguenze ho già scritto tanto e sai come la penso,ribadisco solo che una eventuale uscita dall'euro con la possibilità di stampare noi la nostra moneta nazionalizzando le banche non comporterebbe difficoltà maggiori di quelle che si prospettano,perlomeno il frutto del nostro lavoro rimarrebbe in casa nostra e non a favore di strozzini stranieri

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  15. @ Marcello A.

    Caro Marcello,
    Ho apprezzato molto la sua replica, che ho letto con estremo interesse.
    È un piacere conoscersi meglio con i propri interlocutori.
    Forse le sembrerà strano, ma ho condiviso gran parte delle sue parole. Leggendo la sua risposta ho sorriso (amaramente), perché la tipologia antropologica (chiamiamola così) da Lei descritta non mi è affatto sconosciuta e, devo aggiungere, dall’altra “parte della barricata” (lavorativa), che ne ho conosciuta parecchia anch’io di gente così (troppa). Le assicuro che mi facevano e mi fanno girare i cosiddetti quanto e più di Lei che, giustamente, non ama buttare i suoi soldi. Questo genere di persone da Lei descritte è infatti, secondo me, uno dei principali motivi per cui le aziende tendono a non assumere a tempo indeterminato. Semplicemente non si fidano, anche perché (sopra i 15 dipendenti) disfarsi di certa zavorra è quasi impossibile. Concordo. Ciò detto, negli ultimi anni si è creato una sorta di doppio binario: una casta di intoccabili (ipertutelati e dai “diritti acquisiti”) e un’altra di veri e propri schiavi, sfruttati e ricattati dalle aziende (specialmente le “grandi”) con la scusa dei mancati rinnovi contrattuali. Quindi stipendi bloccati al minimo e nessuna reale possibilità di crescita all’interno dell’azienda. Il merito, le competenze, l’impegno, la serietà... forse venivano premiati 20 anni fa; oggi non vengono tenuti quasi in nessun conto. Sostanzialmente, nella grande industria, il lavoro è de-personalizzato in una parcellizzazione gerarchica delle linee di comando e decisionali, che alle qualità del singolo antepongono gli interessi personali di una cooptazione clanica, tra raccomandati e familiari infilati ovunque a prescindere dalle reali capacità. Almeno questo è quello che ho visto personalmente, nelle mie continue girandole occupazionali.
    Non la tedierò con la mia biografia lavorativa. Posso solo invitarla a non generalizzare, tenendo conto delle debite eccezioni che esistono e sono più numerose di quanto potrebbe immaginare.
    Io non so bene come funzioni dalle sue parti, ma alle mie latitudini se rispondessi ai miei ‘capi’: “se non ti sta bene così fattelo da solo”, verrei licenziato in tronco e sbattuto fuori senza neanche finire il turno.
    Ciò detto, non è che tutti siano pervasi dalla sua stessa intraprendenza. Esistono anche i “mediocri”, o semplicemente persone che sanno lavorare ma difettano in spirito imprenditoriale. Ciò detto, di imprenditori veri ne ho visti pochini.
    Nel suo caso, capisco che possa prevalere nel suo approccio critico qualche forma di darwinismo sociale (uso il termine impropriamente) nel suo orgoglio di self-made-man, presuppongo di un certo successo... dopo di ché, non è che i disoccupati si possano eliminare, o sperare che muoiano di fame, perché non sono riusciti a ricollocarsi. Ci hanno provato in Irlanda, durante la “grande carestia” del 1845-49... Solitamente, i sopravvissuti si incazzano, si organizzano, e poi vanno a caccia dei “padroni” armati di forconi o di schioppo. Ne converrà che non è una buona prospettiva.
    Un mercato rigido non incentiva il lavoro, ma un mercato interamente deregolarizzato non lo tutela... e soprattutto non garantisce reddito, quindi contrae consumi e benessere. Ora non voglio menarla troppo per le lunghe, ma il fenomeno sociologicamente ha un nome: “working poors”.
    Sul lungo periodo, non ci guadagna nessuno (o quasi).

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  16. Caro amico Rossoalloso,

    "ribadisco solo che una eventuale uscita dall'euro con la possibilità di stampare noi la nostra moneta nazionalizzando le banche non comporterebbe difficoltà maggiori di quelle che si prospettano,perlomeno il frutto del nostro lavoro rimarrebbe in casa nostra e non a favore di strozzini stranieri".

    Stare nell'euro per noi italiani si sta rivelando ogni giorno più difficile.

    Però l'uscita dall'euro in questo momento, potrebbe farci sprofondare in un circolo vizioso di svalutazioni e inflazione.

    Ciao Davide

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  17. @sendivogius

    Grazie, la sua replica è stata altrettanto interessante.

    e comunque... siamo d'accordo: la completa deregolamentazione potrebbe essere una cura peggiore del male.
    Le regole ci vogliono... si ma quali regole?
    I numeri non lasciano dubbi: la rigidità contrattuale non paga, abbiamo sia l'art. 18 che il tasso di disoccupazione più alto in Europa. e quindi?
    Sarà forse il caso di provare nuove soluzioni?

    @rosso

    Sinceramente stà cosa che la BCE abbia fatto dell'aula sorda e grigia del nostro parlamento un bivacco di banchieri, non riesco a capirla.
    Sono stati i nostri politici, liberamente eletti dal popolo sovrano a portare il paese al fallimento. Che c'entra la BCE?
    E' chiaro che prima di prestarci altri soldi vogliono delle garanzie.

    Se vai a chiedere un mutuo in banca, quelli per prima cosa ti chiedono la dichiarazione dei redditi; se non lavori, niente finanziamento. Non è che ti incazzi con l'impiegato che hai davanti e gli dici: "ma tu chi cazzo sei per ordinarmi di lavorare!", vero?

    Nel nostro caso le garanzie che hanno chiesto ci umiliano. In pratica è come se avessero detto: "Il vostro leader è un puttaniere, un cialtrone e un incapace, finchè vi governa lui non ci fidiamo a prestarvi un solo euro perchè tanto sarebbero soldi buttati".
    E triste, lo so, ma come puoi dargli torto?

    Da come scrivi sembrerebbe che per te basterebbe stampare altri soldi per risolvere il problema del deficit dello stato.
    Se è così ti do una notizia: tutti noi abbiamo il potere di creare la moneta dal nulla per pagare i nostri ebiti, se ci pensi.

    Non serve nemmeno chiudersi in garage come Totò e Peppino nel film I Falsari: basta solo un libretto di assegni e una penna.

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  18. @Marcello

    sai benissimo di che sto parlando,e sai pure che ho ragione ad ogni modo fra noi non si risolve nulla ,io rimango pessimista tu sei oltremodo felice rimaniamo così che è meglio

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  19. ... e io invece che vorrei una sola moneta per tutti gli Stati, uguale per tutto il mondo, dagli USA alle Isole Tonga, dalla Norvegia all’Argentina!
    Una autorità indipendente (per davvero indipendente) da tutto e da tutti che stampa moneta e conserva le riserve con il relativo controvalore.
    Niente più speculazioni monetarie, il menù presenta un piatto solo, non si scappa. Niente più signoraggio per i singoli Stati, niente più scorciatoie per pagare i debiti e quindi meno inflazione per tutti.
    E in giro si parla di ritornare alla lira, mah!

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  20. @salazar

    hai colto il punto,non si tratta di lira o meno ma di sistema e visto che non lo si può/vuole cambiare, noi che siamo destinati ad essere i cravattati, per sopravvivere l'unica possibilità è uscirne

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  21. paolo11:49

    piccolo dettaglio:uscire dall'euro avendo il debito in euro è un suicidio. Se infatti per il debito interno si potrebbe agire in qualche modo giocando sull'inflazione (ma ci sarebbero fallimenti a catena del sistema bancario e chiusura di aziende e disoccupazione come se piovesse) per il debito estero il valore nominale resterebbe quello del debito contratto in euro. A quel punto si che toccherebbe incravattarsi con il FMI, anche solo per pagare gli stipendi statali o comprare il petrolio. Semplicemente nell'immediato non saremmo in grado di far fronte ai nostri debiti e nessuno ci presterebbe nulla. Meglio allora un default pilotato (haircut) ma agganciati all'euro. Provarci, insomma, prima di dichiarare fallimento. Che comunque non è escluso. Vediamo se venerdì prossimo la montagna, anzi Monti, partorirà il topo che faccia gridare a Merkozy ja! eurobond! (poi vedremo se stavolta anche i ricchi pagheranno...)

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  22. @Paolo
    gia ci hanno provato e le cose sono peggiorate(vedi Grecia)dove non finiranno mai di pagare nemmeno svendendo il patrimonio nazionale e privatizzando non si farebbe altro che indebitarsi sempre più.sul mio blog ho postato tre articoli,se hai tempo e voglia di leggere mi interesserebbe la tua opinione.

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  23. No Rosso, sarebbe assurdo: pensa che una volta fuori dal euro l’Italia dovrebbe comprare proprio euro, in quanto moneta forte, per dare garanzia alle nuove lire che usciranno dalle banche. La futuribile nuova lira come moneta – sono sicuro - avrà tutto il bene e tutte le benedizioni, specie dalla Lega, ma non sarà certo una monete forte.
    E l’inflazione? Con il debito pubblico che ci ritroviamo e i politici del cazzo che ci ritroviamo, e con il precedente di un ex governatore della Bnaca d’Italia cliente dei tribunali penali, sai che soppe di signoraggio una finanziaria si e una anche. Anni ottanta insegnano.

    Anni fa in Bolivia ho pagato il conto di ristorante più caro della mia vita: 9 milioni e 800 mila pesos. Ma siccome erano una valigia di soldi ho chiesto se potevo pagare in dollari: ”Si, fa quattro dollari mancia inclusa” ha detto il cameriere.
    Morale della favola: al solo sospetto di ritorno alla lira, voi italiani d’Italia, compratevi dei nuovi portafogli molto grandi. Ma proprio molto, molto grandi.
    Ciao

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  24. ciao Salazar,
    perchè dici ciò,la lira no deve essere forte,noi non dobbiamo comprare un bel niente,abbiamo risorse inestimabili come nessun paese al mondo,utilizzare i denari per rilanciare il Made in Italy,l'agricoltura,la manifattura,il turismo,aprire i musei,per avere valuta forte da investire nella ricezione alberghiera ,creare posti di lavoro,spendere nelle energie alternative,nazionalizzare i trasporti.
    Su una cosa condivido abbiamo una classe politica inetta e corrotta,il mio e ne sono consapevole,rimarrà solo un sogno

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  25. Rosso, e allora vedi che il problema non è lira, euro o pizze di fango del Camerun, il problema è politico, prima, e degli italiani in seconda: bisognerebbe instaurare la cervellocrazia: cioè chi risulta sprovvisto del suddetto organo non potrebbe votare.
    Il 24% - e dico ventiquattropercento – degli italiani voterebbe ancora per Berlusconi, uno che dopo 18 anni di governo ricomincia dicendo che la colpa di tutto è dei comunisti.
    Ma sai una cosa, quanto vorrei che avesse ragione, non che la colpa sia dei comunisti, ma che i comunisti esistessero ancora. Vorrebbe dire che gli ideali esistono ancora, e sarebbe un gran bene, perché pensando solo a economia e PIL si naviga solo a vista, solo con gli ideali si riesce ad immaginare un attracco, un punto di arrivo, per quanto lontano ed invisibile sia.

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  26. @ salazar

    il problema non è solo chi vota Berlusconi.
    Rossoallosso è convinto che andando in default vivremo felici, francamente non so chi è più pericoloso.
    Diciamo che servirebbe un po di cultura economica.

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  27. @Salazar
    all'inizio e sono sincero credevo veramente nell'euro nel senso che vista la corruzione dilagante,l'ingerenza mafiosa e quella vaticana l'incapacità e mancanza di volontà dei politici nostrani di risolvere annosi problemi una amministrazione straniera potesse portare benefici ma come abbiamo visto la corruzione non è prerogativa italiana e la mancanza di una linea politica comune tra gli stati membri,che io ritengo voluta non casuale,ha portato ad una dittatura finanziaria degli stessi ciò vuol dire che allo stato pratico nulla cambia che tu sia in europa o meno c'è pero una diferenza nel nostro pensiero che è quella percui io non posso fare a meno di pensare che l'Italia prima dell'euro non sia mai esistita e se proprio devo fare sacrifici preferisco farli per me,per la ricchezza del mio paese non a favore di imbonitori che dicono che non si possa tornare indietro perchè chi lo dice sono gli stessi (e qui rispondo anche a Marcello A)che hanno iniziato questo giro vorticoso di debiti, default, bond,eurobond e cazzate varie,le definisco cazzate ammettendo così la mia ignoranza in economia ma non me ne faccio un cruccio dato che non ci vuole un master alla Bocconi per fare lo strozzino,qualsiasi mafioso lo sa fare,anzi i cosiddetti esperti mai avrebbero dovuto permettere di arrivare ad una situazione simile o sono incapaci o sono in malfede , in entrambi i casi non vedo perchè dovrei fidarmi

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  28. @Marcello
    Certo che il problema non è solo Berlusconi. Quello era solo l’esempio più eclatante della “bovinità” (da post successivo di Lameduck) degli italiani, di quelli che non capiscono.
    Se dopo 18 anni, con il disastro dello Stato davanti agli occhi e con il fallimneto dietro l’angolo vuoi ancora votare per l’artefice principale del tutto, vuol dire che sei proprio un idiota delirante. O come dice il dizionario, possiedi una grande quantità di poca intelligenza.

    @Rosso
    Euro, lire, dobloni o balboa, sono solo unità di misura, sono convenzioni. Gestire e governare bene uno Stato è totalmente avulso dalla moneta che viene usata nello Stato medesimo. Si possono sfruttare le “risorse inestimabili” e tutte le altre cose che hai elencato dell’Italia sia con la lira sia con l’euro, o anche le piastre, se proprio si vuole.
    L’euro serve nel contesto finanziario, che è parecchio differente di quello economico, ed è bene non confondere le cose. Ormai di questi tempi una moneta da sola affoga, e siccome e purtroppo esiste questo cazzo di mercato finanziario globale, è bene, è saggio e altamente salubre cercare di stare sulla barca più grossa, quella più difficile da mandare a fondo, per non affogare alla prima ondata.
    In soldoni: fino a quando esisterà questa incontrollata e selvaggia finanza che funziona a scommesse tipo casinò, il mondo avanti non ci va. Bisogna ritornare alla funzione primieva della cosa: le monete devono rappresentano qualcosa, sempre. Devono rappresentare lavoro, beni, qualcosa di tangibile, qualcosa di scambiabile fisicamente, devono dare interessi solo se investite sui beni o sul lavoro. Oggi le monete più che altro rappresentano solo sé stesse o scommesse fatte su qualcosa di futuro che forse esisterà o forse no. E sul futuribile incerto e improbabile o forse anche no, si guadagna e si pagano interessi.
    Le operazioni finanziarie oramai sono 10 volte il valore del PIL mondiale. Quelle nove parti che non hanno riscontro in qualcosa di concreto cosa rappresentano se non sé stesse?

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